di Giovanna Di Rosa
Chi ha letto Asimov ricorderà che nella sua Trilogia della Fondazione scomoda una particolare teoria secondo la quale il protagonista del romanzo, appunto uno psicostoriografo, fondatore di una filosofia psico-matematico-storiografica, è in grado, affidandovisi, di fornire soluzioni a problemi e dinamiche storico-sociali apparentemente senza soluzioni. Tra gli strumenti offerti da questa futuristica teoria una speciale analisi che riesce, per sottrazione, ad analizzare un discorso pubblico per capire cosa il tribuno di turno abbia detto realmente.
Sarebbe interessante applicare la teoria, secondo le basi scientifiche inserite nel romanzo del grande scrittore russo nato nel 1920 e cittadini americano dal 1928, scienziato e scrittore, anche ai nostri politici di oggi e, in particolare, alle dichiarazioni della presidente del Consiglio, non soltanto quella fantasiosissima del debito pubblico italiano più attrattivo di quello tedesco (3,6% contro il 2,6%: mica bruscolini, su milioni di euro di debito, dimenticando di raccontare un particolare: il debito pubblico globale è arrivato al 95,2% del Pil mondiale; il debito americano è esploso, non può essere più finanziato con l’emissione di dollari e sottrae compratori agli altri debiti; l’Italia dovrà presto collocare 350miliardi di debito. Su Valori.it un’interessante pezzo esplicativo).
Vorremmo dunque invitare lettrici e lettori a prendere in considerazione con attenzione le parole di Meloni ascoltando quello che dice e non come lo dice.
La scoperta sarà entusiasmante: perché sottraendo lo stile da influencer (nel quale è bravissima); sottraendo la grinta spesso eccessiva; sottraendo il livore troppo spesso presente insieme a questo sua pessima abitudine di legarsi politicamente e inspiegabilmente alle classi più impresentabili d’Europa; sottraendo il vittimismo del quale ha fatto una bandiera; sottraendo le frasi ad effetto che le servono per uscire dalla crisi del momento, grazie ai suoi autori, Giorgia Meloni non dice nulla. E la sua campagna elettorale vincente, quella che l’ha portata al governo nel 2022, sarebbe dovuta servire da nave scuola spiegando anche a chi l’ha votata al di là dell’appartenenza partitica, che sotto il vestito, niente. Per non parlare del suo governare e dei suoi ministri.
Loro, insieme a lei, non fanno nulla che non sia governare l’esistente peggio di quanto non sia stato fatto in passato: non si occupano della crisi dell’industria (produzione in calo da 26 mesi consecutivi, ormai 27); non si occupano del caro energia che strangola le imprese (lo ha detto il presidente di Confindustria, mica un pericoloso comunista); non si occupano della cultura e della formazione se non accusando gli artisti e rispolverando le prove di bella calligrafia. C’è da rabbrividire solo a leggerle certe affermazioni. Tutto ciò che fanno è essere filo-la-peggior-politica-possibile. In precario equilibrio.
Sottraendo e sottraendo di questo governo non rimane niente. Assolutamente niente. Poi la prossima volta, se vorrete, parleremo delle opposizioni.
(21 maggio 2025)
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