Doveva essere l’ennesima rivoluzione delle granitiche destre, ma niente. Anche stavolta è un topolino. Fa badabùm anche il decreto giustizia, quello che doveva imbavagliare i giudici che per la maggioranza parlano troppo partorito dalla mente fertile del ministro Nordio che quando era in magistratura non stava zitto un momento commentando anche il volo dei gabbiani. Per affondarlo un quarto d’ora di Consiglio dei ministri, nemmeno troppo, con Salvini assente. Quisquilie (e pinzillacchere).
Ne deriva che la grande magnanimità della presidente del Consiglio Meloni permette ai giudici di continuare (addirittura) a parlare (quanta bontà, e tutta incompresa) e l’amore per Nordio sembra essere finito là dove sono finite le promesse elettorali con le quali si è presa Palazzo Chigi, sull’onda dell’entusiasmo popolare e di un consenso che dura inspiegabilmente, finché non crollerà.
Salta dunque il provvedimento bavaglio contro le toghe, che tanto piaceva anche dal resto della maggioranza, ma a rischio di scure del Quirinale (daranno la colpa a Mattarella?) dati anche i preoccupati rilievi delle toghe, di varie sensibilità politiche, che mettevano in guardia il governo dal fare il passo più lungo della gamba. Salta anche l’intero pacchetto di norme sul rafforzamento della cybersicurezza, su cui c’era la firma del Guardasigilli per la gioia di Forza Italia che rivendica il “no”. Partoriti comunque altri topolini: le norme che rafforzano il controllo “sul reale funzionamento dei braccialetti elettronici — per l’emergenza femminicidi; l’inasprimento delle pene per chi tenta di metterli fuori uso; nuovi poteri per il commissario all’edilizia carceraria e semplificazioni per la costruzione dei penitenziari, che potrà avvenire anche senza l’ok delle Regioni”. Lo scrive Repubblica che riferisce anche della proroga, in grande ritardo, del rinnovo dei Consigli giudiziari con il ministero della Giustizia che attende l’ultimo minuto utile per far saltare tutto, elezione degli organismi che si occupano dell’amministrazione giudiziaria sui territori ed elezioni del consiglio direttivo della Corte di cassazione, incluse.
A conferma del grande imbarazzo del governo post-parto arriva anche una conferenza stampa con poche e laconiche dichiarazioni, e poco, anzi pochissimo, da comunicare.
Così si butta via il tempo dei cittadini e il denaro pubblico, con roboanti prestazioni verbali alle quali si è incapaci di rispondere approvando ciò che si doveva.
(30 novembre 2024)
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