di Vittorio Lussana
Il senatore della Lega, Claudio Borghi, ormai ha deciso: vuole tornare allo Stato assoluto e alla democrazia ottriata. Non c’è altra spiegazione possibile, dopo la sua proposta di vietare per legge la raccolta delle firme digitali per i referendum, inventandosi di sana pianta un’interpretazione dei nostri padri costituenti tramite un post su X da ubriachezza molesta.
In pratica, anziché andare avanti, secondo Claudio Borghi, antivaccinista più per sport che per convinzione, nonostante i dati dell’Aifa di questi giorni, noi dovremmo tutti quanti tornare indietro. Ma non alle monarchie costituzionali del XIX secolo, bensì allo Stato assoluto del XVII, quello del Re sole, di Luigi XVI e Maria Antonietta: una sindrome da narcisismo leviatanico, per chi ha letto Thomas Hobbes. In confronto, il metodo psicologico di Joseph Marie de Maistre per condizionare le folle ha più senso, poiché il pessimismo plumbeo, per quanto oscurantista e jettatorio, è comunque una forma d’intelligenza politica. Il pensiero di Claudio Borghi, invece, proviene da un solo e unico presupposto: la ricerca ossessiva di visibilità. Una sorta di autolesionismo drammatico, che conduce direttamente al tafazzismo masochista quando va bene.
A parte il fatto che la firma digitale per i referendum è stata introdotta da un Decreto semplificazioni del 2021 del Governo Draghi, appoggiato e votato anche dalla Lega, in senso tecnico c’è anche una sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10266 del 2018, che dichiarò ammissibili i diversi formati di firma digitale in quanto “pienamente equivalenti con la firma autografa”. In secondo luogo, ci sarebbero già diverse sentenze della Corte costituzionale in merito al diritto di partecipazione democratica, attraverso per esempio i disegni di legge di iniziativa popolare, secondo una tendenza dell’intero mondo occidentale a favorire – e non a impedire – ogni tipo di partecipazione popolare.
C’era addirittura, fino a pochi mesi fa, una vecchia richiesta dell’Onu a creare un’apposita piattaforma digitale, pubblica e gratuita, che superasse il precedente sistema di raccolta delle firme digitali tramite piattaforme private e diversi formati. Si trattava di una richiesta della Corte dei Diritti umani del 2019, che obbligava proprio l’Italia a dotarsi di uno strumento di raccolta delle firme digitali neutro, gratuito e ineccepibile.
Ebbene, per una volta, l’Italia aveva legiferato: la legge n. 178 del 2020 del Governo Conte II (ma quello giallo/verde c’aveva già fatto una pensata) prevedeva l’entrata in funzione di questa piattaforma pubblica dal 1° gennaio 2022. Uno strumento attuato solamente nel luglio scorso proprio dall’attuale esecutivo, a cui il senatore Borghi oggi chiede di ripensarci perché lo ha stabilito lui.
Ferma restando la nostra viva, vivissima, antipatia politica nei confronti di questo Pierino della politica che potrebbe pensarsi capace di staccare le luci notturne dalle piste di atterraggio degli aeroporti solo per avere dei titoli di giornale che parlano di lui, chiediamo ufficialmente alla saggia pancia popolare della Lega di liberarsi al più presto dal salvinismo e di rinnovare la propria classe dirigente, poiché quella attuale non è più in grado d’intendere, né di volere.
(27 settembre 2024)
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