di Vittorio Lussana
Ma guarda tu se mi devo incavolare per Una giornata particolare di Aldo Cazzullo, che alcune sere fa a La7 ha dedicato una serata all’impresa dei Mille e a Giuseppe Garibaldi. Anche Cazzullo, infatti, lo ha descritto come un “uomo di spada”: sempre gli stessi luoghi comuni liberal-massonici ci dobbiamo beccare. E invece, anche in politica, Garibaldi aveva idee chiarissime, assolutamente innovative, che in questo Paese sono state a lungo osteggiate.
Aldo Cazzullo è un collega rispettabile, di cui ho anche frequentato la famiglia, ai tempi in cui cercava un appartamento a Roma e aveva bisogno di inquadrare la metropoli capitolina. Sono originari di Alba, in provincia di Cuneo: la capitale dei tartufi. Ma il famoso fiuto piemotese, tanto decantato da Mario Soldati, evidentemente non si è molto sviluppato in lui, perché non ha colto come la figura di Giuseppe Garibaldi dimostri l’esistenza di un’altra tipologia di italiani. Cosa diamine ci impegniamo a fare a sinistra, se tutto resta avvolto tra le ragnatele della retorica?
Una retorica malata, tra l’altro, che quando sente il fiato sul collo dei piccolo borghesi, con i loro pregiudizi maligni, subito corre a chiedere protezione a sinistra. Soprattutto, quando torna comodo a loro. Così veniamo scambiati anche noi per neo-liberali, patentati da Aldo Cazzullo. Perché la borghesia ragiona sempre così, quasi fosse un riflesso condizionato: se si trova in difficoltà, mette in campo la servitù qualunquista di destra, che poi son proprio quelli che s’imboscano per primi ogni volta che si tratta di andare in battaglia. Non stiamo affermando che Aldo Cazzullo sia un liberale di destra. Anzi, stiamo scrivendo esattamente il contrario: è intelligente e sa perfettamente che bisognerebbe riannodare i fili di una vera questione laica in Italia. Ma tra i laici, i liberali son proprio quelli che han sempre tenuto ferma la scala a militaristi e fascisti, sin dai tempi di Bava Beccaris fino ad arrivare a Benito Mussolini. E le medaglie al valore le appuntano sempre sul petto dei Cialdini, che sull’Aspromonte, in Calabria, diede l’ordine di sparare ad altezza d’uomo, sperando di colpire proprio Giuseppe Garibaldi. Perché sono i generali Cialdini quelli che vanno avanti in Italia, anche se sconfitti in tutte le guerre che si possono perdere.
Cazzullo le conosce bene queste cose, ma non le può dire: ha ragione Beppe Grillo, su questo punto. Guai a toccare Cavour: un commerciante di vacche, finito a fare il presidente del Consiglio del Regno di Sardegna. Quello che voleva mandare a Napoli proprio Cialdini, per scatenare una guerra fratricida, perché il Papa, protetto dai francesi, se la stava facendo nelle braghe e Napoleone III faceva pressioni affinché i Savoia intervenissero.
Tutto ciò ci costringe a perdere una marea di tempo, in Italia. E allunga una brodaglia indigesta, fomentando climi velenosi e irrespirabili: una puzza di cacca che ai tempi di Garibaldi arrivava fino a Glasgow, dove gli operai dovettero lavorare gratis, il sabato e la domenica, per fabbricare le armi e le munizioni da mandare ai garibaldini. Nessuno può essere profeta in Patria qui da noi, anche quando lo Zar di tutte le Russie faceva il tifo per Garibaldi e Bakunin raccontava che i russi attendevano con ansia, ogni giorno, l’apertura delle edicole, per poter leggere di lui proprio nei giorni in cui risaliva la Calabria.
Sono queste cattive ventilazioni che hanno sempre reso gli italiani dei veri esperti nella calunnia e nelle perdite di tempo. E Cazzullo, in questo, è perfettamente italiano nella sua superficialità, anche se si ritrova a vivere in quella Repubblica parlamentare teorizzata proprio dai “mazziniani rossi e dai socialisti demagoghi”, tanto per citare le parole di Cavour. Un Paese che ha ritrovato la propria unità grazie al pragmatismo di Giuseppe Garibaldi, ma che quando racconta la fuga solitaria di Fausto Coppi sulla Maddalena, con 5 colli da scalare e precipitare, utilizza ancora oggi la metafora: “Un tentativo alla garibaldina”. Una sorta di ingenuità nobile, ma vagamente cogliona, praticamente. Perché il cinismo, in politica, lo hanno inventato proprio loro: i liberali tutta fuffa e niente arrosto…
Ai liberali non va mai bene niente: sono dei nani politici. Sono proprio allergici alla sostanza delle cose: sempre la forma ci debbono mettere di mezzo. E i liberali italiani, in particolare, non combinano mai niente, mentre a noi di sinistra ci tocca sempre tenere in piedi il Paese. Prima con le guerre, che i liberali perdevano regolarmente e, oggi, con le tasse detratte alla fonte. Sin da allora, le cose vanno così, qui da noi. Sin dai tempi della tassa sul macinato di Quintino Sella: quando è il momento di spremere qualcuno per pareggiare il bilancio dello Stato, si rivolgono sempre a noi. Possiamo fare, al massimo, la stampella, ma niente di più: guai a voler trasformare la mentalità di un Paese che vive di chiacchiere e di pallone. Se si capisse veramente qualcosa dalle lezioni della Storia, non ci sarebbe un problema di radicalizzazioni, di polarizzazioni e di opposti estremismi. Ed esisterebbe, invece, una forte sinistra laburista e socialdemocratica anche in Italia. Sia come sia, sarebbe più giusto, oggi, tornare alle parole di Giuseppe Garibaldi, al fine di lasciar parlare finalmente lui e comprendere che aveva ragioni da vendere. In particolare, quando pronunciò la seguente frase, che solamente Bettino Craxi conosceva bene: “Ho sentito dire, che mentre noi eravamo là che liberavamo l’Italia meridionale per donarla ai Savoia, a Torino si parlava di mandare le truppe per combattere la rivoluzione che io avrei impersonificato”. E rivolgendosi a Cavour: “Lei, signor Conte, stava preparando una guerra fratricida: stavate progettando una guerra civile”.
Giuseppe Garibaldi era per l’abolizione della pena di morte; costrinse il presidente degli Stati Uniti, Abramo Lincoln, ad abolire la schiavitù, perché altrimenti non si sarebbe mai schierato dalla parte dei nordisti nella Guerra di secessione americana; era favorevole a un’imposta progressiva sul reddito che a quei tempi neanche esisteva, perché tanto per citare ancora una volta Cavour, “è l’anticamera del socialismo”; era per un’istruzione pubblica gratuita, obbligatoria e laica; era favorevole al suffragio universale, comprese le donne; voleva l’abolizione dei titoli nobiliari; considerava la rivoluzione “un cataclisma sociale, che nessuno di noi vorrebbe testimoniare”; riteneva che il popolo dovesse essere sostenuto attraverso i sindacati e le società di mutua assistenza, con il lavoro per tutti e senza elemosine o sussidi; era un cosmopolita, ma anche un patriota, ostile a ogni forma di imperialismo o di dominazione coloniale; infine, era favorevole a una Lega delle nazioni e all’arbitrato internazionale per dirimere le controversie tra i popoli.
Ragionare sulla vita di Giuseppe Garibaldi, pensare a lui, alle sue idee e ai suoi ideali, è il solo e unico modo per innalzarsi, spiritualmente e concretamente, al di sopra di questo merdaio di Paese, in cui le calunnie clericali e liberali da sempre contribuiscono a renderlo tale.
Ecco cosa bisognava dire, caro Aldo Cazzullo. Chiaro e tondo.
(17 novembre 2023)
©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata