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Christian Greco ne sa

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di Alberto Busca*

Christian Greco ne sa.
Di lingue, anche antiche, di archeologia, di lettere e soprattutto di Egitto.
Oltre a vantare un curriculum di tutto rispetto, Greco è quel genere di persona, self made man, che non solo si è fatto da solo, ma ha sperimentato su se stesso l’antica dote dell’umiltà. Studia lettere all’antico Collegio Ghislieri di Pavia per poi passare al terzo anno, all’università olandese di Leiden dove alterna allo studio dell’archeologia, l’arte e il mestiere dello spazzolone, indispensabile per lavare i pavimenti dell’ateneo e pagarsi gli studi. Arrotonda anche dividendosi tra il bar e la reception di un hotel dove fa proprio il concetto di accoglienza, indispensabile per gestire eventi, fiere, mostre, e perché no, persino musei.

Il suo primo scavo lo vede impegnato a Tell Sabi Abyad, nel nord della Siria (sito attualmente devastato dall’Isis); si innamora subito delle terre un tempo sumere e dell’Egitto. Torna a Leiden, per insegnare lingue antiche in vari licei olandesi, mentre di suo impara una dozzina di lingue. Lavora a Luxor per l’Oriental Institute and Epigraphy il cui scopo è ricostruire gli antichi geroglifici.

A Torino è chiamato a dirigere il Museo Egizio, secondo al mondo per importanza. Oggi l’Egizio è quasi irriconoscibile: l’ingresso e i percorsi interni completamente rivisti, il magazzino reso accessibile insieme con l’infinita serie di reperti un tempo inscatolati e dimenticati. Come la fabbrica del Duomo di Milano anche il museo nostrano sembra aver firmato un patto con il tempo, evolvendo e restaurando a pieno ritmo. Le soluzioni non sempre appaiono adeguate al contenuto museale, ma è lecito ritenerle soggettivamente valutabili se è vero che l’arte, cui l’architettura appartiene, non è oggettivamente definibile.

Lo sforzo di Greco tuttavia, non si è limitato ai meri fattori estetici o di contenuto. Il materiale recuperato ed inserito in sale totalmente riallestite e ridisegnate ha attirato anche chi, il museo, l’ha visitato una dozzina di volte.

Christian Greco ha dimostrato di possedere una vera vocazione da aggregatore, da organizzatore di eventi: ha mirato il target Torinese e ha individuato dove distribuire i suoi volantini. Non solo: ha incoraggiato l’approfondimento di una cultura il cui studio archeologico, paradossalmente, è tipicamente occidentale, per quanto l’oggetto di tale studio afferisca a popoli oggi arabo-orientali che degli antenati delle antiche dinastie sanno poco o nulla. Ecco perché il biglietto omaggio. Ecco spiegata l’iniziativa di omaggiare di un secondo biglietto coloro che, di lingua araba, acquistano il primo. Ed ecco la reazione di chi, chiedendone le dimissioni, dimostra non tanto la sua pochezza culturale, ma soprattutto, la sua difficoltà nel capire, ampliare le vedute, ascoltare, astrarre. Si chiamano diffusione culturale, salvaguardia e divulgazione, avvicinamento alla storia, all’arte e alla cultura, insegnamento, riproposta dei valori religiosi, etici ed artistici di una civiltà antica. Si chiama Cultura.

Un termine la cui accezione sembra sempre meno comprensibile; tirata a destra o a sinistra da una pletora di barbari incravattati fedeli allo pseudo modello del politicamente corretto e pronti ad inneggiare a cadute razziste, invocate, come sempre, a suon di slogan, già masticati, già troppo vomitati e persino poco credibili.

Greco non ha ghettizzato i bianchi caucasici ariani puri, non ha facilitato l’accesso a arabi e musulmani scavalcando gli italiani. Non ha minimante pensato agli eventuali risvolti “politici” del suo gesto, o, se lo ha fatto, ha condotto l’operazione con caustica provocazione e insolente ingenuità. Greco, che a sentir parlare di dimissioni sorride, setacciando nelle tasche quegli altri due o tre lavori che avrebbe già pronti, in fondo ha solo ripreso un vecchio slogan, caro alle terre di Pontida, cambiandogli il finale: “prima la cultura”. Deve andarsene? Sarebbe il tipo da farlo, senza porsi troppo problemi, lui, che volendo, con un mezzo sorriso sputato in faccia ai soliti incravattati, un mestiere ce l’ha e farebbe anche il barista.

*(Responsabile Patrimonio Storico Lib-Pop Piemonte)

 

 

(28 settembre 2023)

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