di Vanni Sgaravatti
Il concetto di razza è stato espunto dopo la guerra come categoria di interpretazione e classificazione sociale, attribuendo il termine alla ideologia nazista. Si disse che si poteva parlare di etnie e questo è stato un termine sufficientemente rappresentativo di tipi di stratificazioni sociali in Europa dove le differenze culturali e, appunto, etniche erano molto ridotte.
Il colore della pelle negli anni 60, in condizioni, tra l’altro, di boom economico non aveva fatto breccia nella cognizione e nelle paure degli europei occidentali. Anche paesi che avevano pianificato meglio di altri la questione dell’immigrazione, come la Germania, l’avevano sempre considerata come un fenomeno transitorio, da regolare internamente. Inutile ripetere cosa è successo. I Cinesi, d’altro canto, hanno ereditato l’ideologia maoista che univa la lotta di classe alla lotta di razza, nel senso che individuava nel colore della pelle (gialla/bianca) una discriminante, mettendosi a capo della razza gialla che corrispondeva nella percezione alla classe di appartenenza del popolo cinese e non solo, con bisogni omogenei per definizione.
Ora il capitalismo cinese ha assorbito quei valori, al punto che considera cosa buona e giusta e che non vale neppure la pena di discutere tanto è naturale, la superiorità dell’etnia Han (o razza che dir si voglia), riallacciandosi così ad una gran parte della millenaria storia cinese.
Le regole sono stabilite centralmente da chi rappresenta quella razza e quella nazione-guida, che, nella versione capitalista, non richiede necessariamente la sottomissione, il forzato e cruento assoggettamento delle minoranze (il resto del mondo). A meno che non vengano toccati i gran signori, i timonieri del sistema.
Sembra che in Europa persino in questo campo, l’Ucraina, in particolare, quella occidentale, per scelta o per obbligo abbia cominciato a costituire un esempio di nazionalismo tollerante e multietnico, visto le condizioni che l’avevano attraversata. E pure, da questo punto di vista, il modello ucraino fa paura a quelli che, invece, hanno visto il nazionalismo come una costruzione omogeneizzante che non riconosce le diverse identità etnico-culturali, al di là delle dichiarazioni delle regole di convivenza uguali per tutti, ma che si fonda sulla mitica narrazione di un passato originario dei nativi, a cui aggrapparsi, così da avere una bandiera da difendere.
Ed è anche per questo che in Ucraina è situata la grande biforcazione europea:
- il nemico che ci minaccia e che ci unisce oppure quello che ci divide in cui ogni gruppo o nazione va alla ricerca della propria strategia personale e collettiva;
- le nazioni o le federazioni delle nazioni contengono pluralità di raggruppamenti etnico-culturali con gli stessi diritti oppure nazionalismi costituiti dalle narrazioni delle mitiche identità originali;
- una libertà di sistema fatta di separazione di poteri e di controlli per promuovere valori di rispetto dei diritti individuali e collettivi, di rispetto delle minoranze, di inclusività, di uguaglianza così da supportare la lotta perché questi siano realtà (spesso sono solo teorie) oppure l’istituzionalizzazione del sistema paternalistico, oligarchico, centralizzato.
Abbiamo tante idee diverse sulle scelte da prendere e su quelle praticabili, ma pensare che in Ucraina si giochi un conflitto regionale, semmai portato a livello più alto dallo Zio Tom, mi sembra un delirio di persone anziane che girano come zombi, a commentare i loro film personali anni 70, con quel po’ di nostalgia che comprendo molto bene.
Persone brave e onesti intellettuali (una volta di sarebbe detto: benpensanti) che, visto l’allungamento dell’età media, forse non hanno fornito ai propri figli gli strumenti corretti di decodificare il mondo che arrivava. A parte la questione ambientale, che tutto e tutti unisce, in una comune Armageddon. Del resto, non si può altro che trasmettere la propria cognizione della realtà, proponendo proprie narrazioni che, fino ad un certo punto, costruiscono il mondo, che, come uno specchio conferma la percezione stessa, fino alla rottura prodotta dagli eventi che, come sempre, ti sorprendono e ti spiazzano.
(8 giugno 2023)
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