di Vanni Sgaravatti, #gaiambiente
Si dice che per affrontare problemi sociali e ambientali così complessi,come quelli che abbiamo di fronte, il pensiero lineare a cui siamo istintivamente portati non serve. Occorre un pensiero sistemico che individua azioni, retroazioni, effetti multipli, a volte di entità esponenziale. Ma, il pensiero sistemico che riesce a vedere meglio le interconnessioni tra tutti i soggetti che compongono il nostro ambiente, proprio per questo, si presta molto bene ai meccanismi di disimpegno morale.
In particolare, quelli che, offuscando la relazione tra il nostro comportamento e i mali che affliggono il pianeta sociale e ambientale, ci permettono di diluire la nostra responsabilità (come ci ricorda anche Albert Bandura, National Medal of science conferitagli da Obama, nel suo libro “disimpegno morale”). Proprio quando, quello che ci manca per una politica globale efficace è una base morale per una comunità che vada oltre i confini nazionali, religiosi o di clan, che faccia da sfondo ai valori correnti su cui i migliori politici fanno riferimento per cercare una loro legittimazione, politica appunto.
La scienza o meglio il metodo scientifico che mette alla prova le proprie affermazioni sulla base delle evidenze condivise, potrebbe, in teoria, essere la via per fornire una validità proprio alle complesse relazioni tra comportamenti, decisioni individuali ed effetti globali.
Ma, purtroppo, registriamo una tendenza a screditare il valore di arbitro di scienza e scienziati e non tanto per gli errori che vengono commessi (tutti gli arbitri ne commettono), ma perché si attribuisce un’etichetta di appartenenza alla visione dominante / governativa o trasgressiva in base alla conformità dei gusti del gruppo di riferimento, individuato talvolta persino in base ai media che sono utilizzati per comunicare (canali ufficiali televisivi o altro).
Insomma … una tempesta perfetta … non se ne esce. Così almeno sembra. Verrebbe da arrendersi. Ma la resa significa lasciare un vuoto che, guarda caso, sembra sia riempito da un pensiero “talebano”.
A volte ridiamo quando sentiamo persone anziane, attaccate alla televisione, che vedendo ore di trasmissione sull’Afghanistan pensano che presto saremo tutti talebani. Ridiamo se pensiamo che ci siano italiani che domani comprino camicioni, turbanti, burka o che si mettono a pregare la mecca nelle vie del centro. Si possiamo ridere, la nostra tribù avrebbe comunque altri riti. Anche se, nelle manifestazioni esteriori siamo stati proprio talebani per secoli: pensiamo alla strage degli Ugonotti a Parigi.
Ma forse per talebano, intendiamo un’altra cosa. E allora i talebani sono già qui, siamo noi, ognuno nel proprio clan e nella propria tribù.
E a proposito di clan, tribù, fazioni, dittatura e democrazia, indotto dalle notizie di attualità, quelle che riportano le crisi e non le soluzioni per miglioramenti di lungo periodo, mi viene di completare il ragionamento su credenze “talebane”, rispetto a evidenze condivise, parlando di: “dittatura e green pass”, in forma di dialogo tra due persone immaginarie divise, appunto, dalla questione “greenpass”.
Il profilo della seconda persona, in particolare, si riferisce a chi ritiene di subire imposizioni dittatoriali (la dittatura sanitaria), che si ritiene progressista, anche se dichiara la propria delusione verso questa sinistra, con attenzioni ambientaliste, sensibilità verso le disuguaglianze sociali, avverso alla crescita finanziaria/industriale impersonificata nelle multinazionali.
Il Dialogo Immaginario
Prima persona: “dobbiamo ammettere che viviamo in Europa in una democrazia, almeno formale. La maggioranza dei deputati eletti hanno approvato questo governo che emette legittimamente le norme relativa al green pass. Del resto, sembra vero che la stragrande maggioranza degli italiani, ad esempio, sono contenti che ci siano misure per impedire di trovarsi nello stesso luogo di loisir e non solo (cultura, ristoranti, palestre, ecc.) con chi avvertono come più a rischio, perché non vaccinato. Va detto che anche se fossero una minoranza significativa, si porrebbe il problema del rispetto di queste ansie e paure…
Seconda persona: “ma sappiamo bene che non c’è democrazia reale, per la solita questione, della cultura imposta dai media influenzati, manipolati dal pensiero dominante, al servizio degli interessi dominanti”…
Prima: “ma la scienza con i suoi metodi ha, a stragrande maggioranza, validato le misure anticovid”…
Seconda: “ma sappiamo bene che la scienza non è neutrale, la collusione diretta e indiretta degli uomini di scienza è nota”…
Prima: “faccio notare che la stessa scienza “collusa”, cioè la maggioranza della comunità scientifica è quella che combatte strenuamente il negazionismo in materia di riscaldamento climatico e di responsabilità dello sviluppo industriale per il degrado che ci può portare alla sesta estinzione”…
Seconda: “in questo caso sbagliano i negazionisti e ha ragione la scienza ufficiale”…
Prima: “e perché in questo caso ha ragione e nel primo ha torto?”…
Seconda: “probabilmente perché nel caso dell’ambiente gli interessi delle multinazionali saranno differenti. È evidente”…
Prima: “evidente? Mi risulta che una caratteristica dell’evidenza è che siano condivise fonti e processo con cui poi si producono affermazioni, appunto, condivise. Mi sembra una tautologia. Come fa ad essere condivisa e quindi evidente se stiamo parlando di questo proprio in presenza di profonde distanze di pensiero e opinioni e di screditamento del metodo scientifico?…
Seconda: “intendo che è evidente alle persone intelligenti e illuminate”…
Prima: “ecco!! Concordo. Sei anche tu allora per la dittatura intelligente e illuminata. Ma io faccio parte di quell’altra, quella di sinistra, no di destra, no rossa, no verde. Insomma, quell’altra”…
… e via e via [cit.].
(1 settembre 2021)
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