di Redazioni
Ahmadreza Djalali, il ricercatore svedese-iraniano incarcerato a Teheran con l’accusa di spionaggio, si trova ancora nelle carceri degli Ayatollah e rischia, quotidianamente, di essere mandato al patibolo.
Una condanna a morte la sua emessa, come suddetto, per motivi di spionaggio, secondo Teheran a favore del Mossad, il servizio segreto israeliano. Una accusa che Djalali ha sempre negato, affermando di essere stato arrestato per la ragione opposta: ovvero quella di aver rifiutato di trasformarsi in una spia dell’intelligence iraniana in Europa. Il caso Djalali, come si ricorderà, è un caso anche italiano, visto che il ricercatore medico ha lavorato diversi anni all’Università del Piemonte Orientale, prima di trasferirsi con la moglie e la figlia in Svezia. Proprio da qui è partito per Teheran nel 2016, invitato per ragioni accademiche.
Come già avvenuto nel 2016, anche stavolta il mondo accademico italiano si sta nuovamente mobilitando per chiedere la liberazione immediata di Ahmadreza Djalali. Una liberazione richiesta non solo per motivi di giustizia politica, ma anche per ragioni di salute, visto che Djalali in carcere ha perso decine di chili e le sue condizioni restano costantemente precarie.
Un nuovo appello partito dall’organizzazione Scholar at Risk e firmato da diversi rettori europei (per l’Italia il rettore della Università del Piemonte Orientale). All’appello si sono quindi unite altre Università (come la Sant’anna di Pisa, l’Università di Padova e la Sapienza di Roma) e la CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.
Nel nuovo appello per la scarcerazione di Djalali, stavolta, c’è anche una richiesta in più: una lettera firmata tra gli altri dalla Crimedim – il Centro di ricerca in medicina di emergenza e dei disastri, per cui Djalali ha lavorato – da Amnesty Internatonal italia e dalla FIDU, è stata indirizzata al Presidente Mattarella e al Ministro degli Esteri Di Maio. In questa lettera, sull’onda della mozione approvata in Parlamento sul caso Patrick Zaki, è stato chiesto alle autorità di concedere la cittadinanza italiana ad Ahmadreza Djalali, sperando cosi di premere su Teheran per un suo immediato rilascio.
Non sappiamo quale sarà la decisione delle istituzioni nazionali: per il momento sappiamo però che è necessario fare in fretta. Dal Novembre del 2020 Djalali si trova infatti nel braccio della morte del carcere di Raja’i Shahr a Karaj e la sua esecuzione potrebbe avvenire in qualsiasi momento.
(29 aprile 2021)
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