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I populisti hanno paura di Mario Draghi

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di Diego Romeo, #Politica

Ed eccoci alla seconda crisi di governo che, con molta probabilità, porterà alla creazione di un terzo governo in appena tre anni di legislatura. Purtroppo per il popolo italiano e per l’Italia questa non è una anomalia detratta da un particolare periodo storico politico. Anzi per noi è la norma. Basti pensare che dall’entrata in vigore della nostra Costituzione a oggi, in Italia, si sono susseguiti quasi un governo l’anno (da non confondere con le legislature n.d.r.).

Una instabilità politica, perpetrata nel tempo, che non solo ha creato danni a livello di immagine del nostro paese nel mondo, ma ha anche creato problemi dal punto di vista politico ed economico. Perché non si è mai riusciti a portare avanti, e a finire, un vero discorso politico. Tutte le cose sono state sempre lasciate a metà dal governo uscente che ovviamente, quasi mai, sono state riprese dal governo entrante. Lì dove c’era bisogno di certezza e di continuità c’erano solo instabilità e interessi personali. Questo ha portato anche alla palese sfiducia del popolo italiano verso la politica e la sua classe di politici. Oggi noi viviamo immersi in un lago di antipolitica.

In pochi parlano bene della politica e ancor meno sono disposti a spendersi per un progetto politico comune. Se si fa il politico è troppo spesso solo per tornaconto personale.

Questo caos generato dall’antipolitica ha a sua volta contribuito alla nascita di partiti come il M5S, che di antipolitica si sono nutriti fino a  quando non sono arrivati a governare. Oppure ha ingrassato piccoli partiti irrilevanti e senza ideali, come Fratelli di’Italia e Lega che del populismo hanno fatto la loro bandiera, crescendoci sopra con pochissimo da dire e molto da urlare.
Questo è la vera conseguenza della crisi politica. Questo senso di smarrimento che genera populismi e che non permette di seguire un bene comune. Oggi più che mai, a seguito di tante crisi politiche, viviamo il vangelo dell’“Ognuno pensi a sé!”.

Per fortuna c’è Mattarella, per alcuni, fin troppo irrilevante, poco incisivo nella vita pubblica, forse perché non è un tipo da palcoscenico mediatico o da social, perché non ha svenduto la sua dignità con milioni di post mentre faceva il tour di tutte le sagre della porchetta nostrane. Una figura sicuramente in controtendenza con quella che è la figura del moderno vuoto cosmico del politico-da-social. Mattarella ha guardato al futuro dell’Italia con uno sguardo lungimirante, intervenendo puntualmente e con grande risoluzione, solo quando il momento lo richiedeva. Proprio come un padre premuroso che veglia suo figlio da lontano per farlo crescere autonomamente, intervenendo solo nelle situazioni più pericolose.
Anche questa volta, Mattarella è intervenuto in maniera incisiva. Conscio che con questa pandemia in corso, con il piano vaccinale da portare avanti (per evitare altri morti) e soprattutto con il bisogno di approvare nei prossimi mesi un piano di spesa per i 209 miliardi del fondo europeo che all’Italia servono per non sprofondare nel baratro, ha deciso che non si poteva dare seguito ai populisti, che interessati più alla loro piccola sete di potere, invocavano le elezioni anticipate.

Mattarella l’ha detto chiaramente e in modo incontrovertibile. Chi vuole le elezioni è un egoista e pensa solo a se e non al bene del paese. E ha indicato Draghi. Che non è uomo al quale si possa dire “no” senza assumersi la responsabilità di scontentare il 79% degli Italiani (come da sondaggi).

Draghi è un uomo la cui preparazione, ciò che ha fatto, le sue straordinarie doti di politco che agisce sui fatti e non sui social, zittisce tutti gli impreparati urlatori da tastiera, un uomo che è uno dei più potenti politici al mondo. Non solo in Italia che ha fatto della sua professione un missione tale da permettergli di passare dalla BCE, ciò che ha fatto durante la crisi economica ha salvato l’UE, ma la cui preparazione lo rende uno dei rappresentanti dell’élite mondiale di cui farnetica al negativo un sempre più frustrato Di Battista. Livido d’invidia. Mattarella ha detto Draghi e lo spread è sceso a quota 100 (non succedeva dal 2015) e ha fatto volare i mercati italiani. Quando gli urlatori Meloni e Salvini erano già lì, nel 2011 ad esempio, lo spread volò a 522,11, anche se va detto che la politica non è solo economia, ma molto di più.

Ma questi sono dei piccoli segnali che fanno ben sperare. Avere un presidente del consiglio che gode a livello internazionale di una stima infinita può far solo bene all’Italia. Può veramente portare l’Italia a trattare con le grandi nazioni del mondo, non come fanalino di coda, ma come pari.

Per questo penso che Mario Draghi è sicuramente l’uomo ideale per il nostro paese in questo delicato momento storico. Il problema, semmai, non è in Europa o all’estero, ma proprio in casa nostra. Perché quei partiti che vivono di populismo e antipolitica, vedono in Draghi un nemico che non darà corda ai loro lamenti e alle loro pretese personalistiche. Proveranno a delegittimarlo, facendolo passare per un nemico del popolo. Ma la verità è che loro hanno paura. Perché loro esistono solo in virtù del caos e dell’incertezza politica, sanno bene che quando arriverà un periodo di stabilità socio-economica, di ideali e di benessere, nessuno più ascolterà i loro latrati scomposti e piano, piano, se non spariranno torneranno a essere, per fortuna direi, irrilevanti come lo erano alcuni anni fa. E come meritano.

 

(5 febbraio 2021)

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