di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #Politica
Salutare per l’ultima volta l’amico Alfredo Biondi non è una cosa semplice, per il sottoscritto. Egli fu uno dei primi esponenti politici a individuarmi per la mia “autentica passione civile”, come scrisse una volta, in una lettera a me indirizzata. E fu anche un vero maestro di liberalismo, inteso nel senso più nobile del termine, cioè nella sua matrice ‘crociana’ e ‘gobettiana’, sicuramente antifascista. Un uomo di un’altra classe e di un altro ‘stampo’. La sua era una visione pienamente razionalista e illuminista: un’idea di società che l’Italia ha sbagliato a gettare via, come se si vergognasse di un pezzo della propria Storia. Ovviamente, ‘Alfredone’ mi iscriveva, quasi sempre, nella ‘catena’ culturale De Sanctis, Croce, Gramsci: in una parola, sotto la formula della “funzione liberale della classe operaia”. Ma non mi ha mai scambiato per un “operaio della politica”, come invece si diceva in giro. Secondo Alfredo, io ero tecnicamente un poeta. Non uno scrittore, né un giornalista, bensì un poeta che evoca la cultura, anche la cultura liberale, per una profonda nostalgia verso i ‘massimi sistemi’, “che invece sono quelli”, sottolineava, “che occultano sempre, al loro interno, le più gravi distorsioni”. Tutti, oggi, lo ricordano per la ‘verve’ e alcune illuminanti battute, poiché la nostra retorica ha sempre avuto questa stravagante manìa dell’ipse dixit: una contaminazione totalmente cattolica, ovviamente. Ma Alfredo Biondi è stato molto più di una battuta, soprattutto per la sua profonda conoscenza del diritto: un ‘avvocatone’ il quale riteneva possibile che la norma giuridica potesse inverarsi nel cuore dell’uomo. E in questa nostra ‘ingenua fede’ ci ritrovavamo pienamente. L’appiattimento del liberalimo sull’antica ‘mala erba’ qualunquista ci avverte di un passaggio, ormai definitivamente avvenuto, dall’elitismo arcadico alle culture di massa. Ma anch’io, oggi, esattamente come Alfredo Biondi, giudico criticamente questo ‘annacquamento’ culturale del nostro Paese, che lo ha rinchiuso in un propagandismo tanto astratto, quanto inefficace. Non c’è più alcun collegamento tra teoria e prassi in Italia, a causa della profonda divaricazione venutasi a creare tra politica ‘alta’ e movimentismo ‘liquido’, il quale ci espone pericolosamente alle ‘onde’ più disparate, provenienti da tutte le direzioni. In buona sostanza, Alfredo Biondi è stato un liberale coerente, in una società in cui tutti dicono una cosa e poi ne fanno un’altra. Spesso, totalmente opposta rispetto a quella affermata come tesi di principio.
(26 giugno 2020)
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