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La pittura colta di Mario Vespasiani, fino al 26 gennaio ad Ascoli Piceno

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di Redazione #Arte twitter@gaiaitaliacom #Pittura

 

Se esistono oggi artisti dal fascino leggendario, imprendibili e sfacciatamente innovativi uno di questi è senza dubbio Mario Vespasiani, capace come pochi di trasformare la pittura dall’interno, muovendosi tra figurazione e astrazione ma soprattutto per la lucidità di interpretare il presente in una chiave metaforica e allusiva di grande respiro. Nelle sue opere tocca temi quotidiani senza mai farne riferimento diretto, ma innalzandoli ad un sentimento universale, al punto che ciascun lavoro si presa a molteplici interpretazioni.

A tal ragione tra le significative mostre d’arte contemporanea in corso sul territorio nazionale in questo inizio 2020, nelle Marche presso lo spazio One Lab Contemporary è possibile scoprirne una di un notevole interesse che pone all’attenzione sulla componente intellettuale e simbolica della pittura, che descrive la discesa nel profondo, mediante l’uso di un unico colore, il Blu. Qui Mario Vespasiani, che negli anni ha elaborato opere e tematiche di notevole spessore, maturando la propria ricerca svela un ulteriore fase creativa, accostando le tonalità dei blu, presenti in differenti opere realizzate in vari periodi della sua carriera. Un percorso progressivo, che si comprende pienamente osservando il sentimento di totale fusione con la vita, che ha guidato l’artista durante ciascun ciclo pittorico. Molti studiosi hanno fatto riferimento alla pittura di Vespasiani come una pratica Zen e per il suo interessamento alle discipline orientali è stato spesso paragonato a un samurai, nel vestire con naturalezza i panni di un monaco-guerriero dell’arte, che sa alternare pratica e meditazione, azione e contemplazione.

Dello Zen Vespasiani adotta la metodologia dello spirito e della coscienza della mente che conduce all’aderenza con la realtà, al qui ed ora, per agire attimo per attimo e dunque evolvere il proprio sé con naturalezza. Tra i grandi maestri del novecento che hanno seguito un percorso analogo, quello del francese Yves Klein (1928-1962) rappresenta un caso emblematico, per essersi dedicato prestissimo all’arte e per aver intrapreso la disciplina del judo, che si è rivelata fondamentale nell’affinare la sia la sua facoltà di concentrazione che la sensibilità. In Klein pervade un culto dell’invisibile, una sublimazione del colore totale, mentre in Vespasiani il colore diventa ipnotico, suadente e musicale. Il timbro monocromatico di Klein in Vespasiani deflagra in più punti, come a evidenziare i tocchi e i dettagli. Entrambi fanno riferimento alla condizione di un uomo che aspira all’eterno, a una dimensione sovrastorica. Il blu di Klein è un abbraccio cosmico, vellutato, che impregna l’atmosfera, assorbe e calma. Richiama cielo ed acqua senza raffigurarli e trasporta in un “nulla” insondabile, pregno di una tinta oceanico e della vertiginosa profondità del cosmo.

Risulta interessante notare come entrambi gli artisti considerino il blu come una figura e non solo colore, e dato che sa invadere con potenza e forza sia i confini del reale che quelli psicologici, richiama puntualmente quel concetto descritto di fusione di arte e vita. Con questo progetto Vespasiani mette in risalto la componente emotiva e concettuale che si cela dietro ogni quadro, mediante la relazione che si instaura con tutte le altre sfumature presenti nelle due sale, che attingono alle più varie scale tonali, in un percorso che consente di sperimentare l’effetto della cromoterapia insita nell’energia del colore. Tuttavia se per Klein la celebrazione del blu ha rappresentato il vertice sublime della sua carriera, la scelta di Vespasiani non deriva da una preferenza sugli altri colori, bensì dall’aspetto simbolico ad esso collegato, che più rappresenta il suo sentire, nel riferimento allo spirituale. La mostra Blue Horizon è dunque un’esperienza sensoriale di esplorazione di uno spazio vivo, che tocca l’epidermide di una pittura spaziale, capace di rigenerarsi come sfiora le acque, per poi palpitare di tutti i toni degli spazi siderali. Avverando così la previsione del francese quando dice: “il pittore del futuro sarà un colorista come non se ne sono ancora mai visti”.

 

Mario Vespasiani
Blue Horizon
One Lab Contemporary
Corso Vittorio Emanuele II, 32-34
Ripatransone (AP)
fino al 26 gennaio 2020
orario di apertura: tutti i giorni previa conferma
e-mail: onelab.contemporary@yahoo.com
info e visite guidate: 3336361829

 

Mario Vespasiani nasce nel 1978. Inaugura la prima mostra non ancora ventenne e ad oggi ha esposto su tutto il territorio nazionale, in gallerie, musei, luoghi di culto e in contesti inusuali. Nel corso del tempo la sua ricerca ha interessato anche studiosi di discipline che vanno dalla teologia all’astrofisica, dall’antropologia alla filosofia. Si esprime attraverso un alfabeto simbolico che si fonda sulle rivelazioni della mistica cristiana e sulla pratica alchemica della pittura. Attento osservatore delle leggi naturali e degli insegnamenti della sapienza orientale, il suo lavoro va inteso come continuazione dell’opera creativa universale, da cui cogliere il sentimento spirituale. Espone giovanissimo ai Musei Capitolini di Roma con la mostra Gemine Muse, a 27 anni vince il primo Premio Pagine Bianche d’Autore, figura nel libro Fragili eroi di Roberto Gramiccia, sugli artisti italiani del futurismo ad oggi e sul Dizionario dell’Arte Italiana edito da Giancarlo Politi. Per essere stato tra i primissimi artisti ad aver impiegato la sua impronta pittorica ai nuovi materiali e alle recenti tecnologie, viene inviato nel 2012 dall’Accademia di Belle Belle Arti di Macerata a tenere una conferenza dal titolo: L’essenza e il dono. Arte, relazione e condivisione, dalla tela all’iPad. Nello stesso anno con le opere realizzate mediante l’iPad ed applicate su alluminio partecipa al Premio Termoli e di seguito alle storiche rassegne d’arte nazionali: nel 2014 al Premio Sulmona, nel 2015 al Premio Vasto, nel 2018 al Premio Marche. Durante la sua carriera le sue opere sono state poste in dialogo diretto con alcuni maestri dall’arte italiana, quali Mario Schifano, Osvaldo Licini, Lorenzo Lotto e Mario Giacomelli, in mostre intitolate La quarta dimensione.  Ha esposto nel 2011 al Padiglione Italia della Biennale di Venezia curato da Vittorio Sgarbi nella sede di Torino e qui con Imago Mundi alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Dal 2013 lavora a Mara as Muse, un progetto composto da dipinti, disegni, fotografie, libri e oggetti d’arte, che tratta del rapporto della presenza femminile nell’ispirazione artistica, la cui trilogia è stata presentata a fine 2017 alla Galleria d’Arte Moderna di Roma. Nel 2015 realizza delle opere in pura seta intitolate Storie di viaggiatori, territori e bandiere che espone come fossero vessilli, la cui performance si tiene nella Pinacoteca civica di Ascoli Piceno e in un happening sulla cima di un’antica torre. Nel mese di maggio esce Planet Aurum il suo primo libro interamente dedicato agli scritti e nello stesso anno la città di Fermo lo invita a dipingere il Palio dell’Assunta collegato alla personale Empireo. Nel 2016 è l’ideatore del festival sul pensiero contemporaneo La Sibilla e i Nuovi Visionari. Nel 2017 è stato in mostra a Venezia e Monaco di Baviera nella collettiva Our place in space promossa da NASA ed Esa che prosegue nel 2018 in un tour mondiale. Nello stesso anno organizza Indipendenti, Ribelli e Mistici, una rassegna di incontri interculturali che ha coinvolto numerosi studiosi provenienti da vari ambiti. Sempre nel 2017 il Museo Storico dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle ha celebrato il quarantennale con la sua mostra personale dal titolo Fly Sky and Air.  Nel 2018 inaugura la mostra Lepanto dedicata alla famosa battaglia, nel Museo Diocesano di Gaeta dove è conservato lo stendardo della flotta. Nel maggio 2019 è stata presentata al Museo d’Arte Contemporanea di Roma (MACRO) la quarantesima pubblicazione dedicata al suo lavoro. Nello stesso anno si tiene la mostra Underworld dedicata al tema dell’inconscio visto attraverso la metafora delle creature marine, successivamente si sono svolte le personali dal titolo Il tempo dei trentasei giusti a Villa Caldogno nel vicentino e al Museo Michetti in Abruzzo, la mostra Eschatology, opere monumentali sul mistero ultimo.

 

(13 gennaio 2020)

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