di G.G. #1maggio twitter@gaiaitaliacom #rivoluzionari
Eccoli i rivoluzionari del “Mi sono rotto il cxxxo”: eccoli mentre dal palco del 1° maggio – dove ci sta tutto, la musica, la musicaccia, ci sta Steinback, perché sul palco del 1° maggio c’è spazio proprio per tutti, belli e brutti, poi per il resto dell’anno è di nuovo apartheid culturale e massificazione mediasettiana – si scagliano contro i politici, quegli scellerati che non fanno nulla, che sono incapaci, che hanno creato questo, che hanno creato l’altro. Eccoli i rivoluzionari neocomunisti coi soldi che come quelli che li hanno preceduti si scagliano dal palco contro qualcuno, non importa chi, e si sentono tanto rivoluzionari perché impongono la parolaccia, il turpiloquio e dicono che si sono rotti il coso dal palco.
Mamma mia che coraggio! Mamma mia che rivoluzione! Mamma mia che cambiamento sociale profondo! Mamma mia che pena!
Questi rivoluzionari del menga potrebbero fare solo una cosa veramente rivoluzionaria: rinunciare ai diritti d’autore che derivano da ogni loro apparizione televisiva, rinunciare in nome della lotta contro il potere ad ogni provento che da quel potere derivi, si chiami quel potere RAI, si chiami CGIL, si chiami San Remo, si chiami industria discografica. Ma no. Sarebbe troppo. Bisogna mangiare e se non la teniamo già, un giorno terremo famiglia. Perché anche i rivoluzionari procreano.
Così via al turpiloquio, a quell’altro col dito alzato e le parolacce (ancora!), all’attrice colta un tempo ragazzina terribile, alla musica [sic] che dura mezza giornata, alla terza rete RAi che sguinzaglia tutti i giornalisti alla Bianca Berlinguer per dire che sì, i comunisti ci sono, e sono tutti a stipendio fisso in RAI e domani – per amor del comunismo e dei poveri e del lavoro – si ritireranno nel loro ufficio o faranno servizi filo pentaleghisti, filogovernativi o filopotente di turno, perché il posto di lavoro va tenuto.
Di quelli che non ce l’hanno basta parlarne, perché parlare è sensibilità e alla fine piuttosto che avere tra le palle un concorrente è meglio piangere per un gattino.
Eccolo dunque, in reazionari soldoni, il concertone che anche nel 2018 ha fatto divertire i conti in banca dei partecipanti dal palco, e saltare e ballare il pubblico che tra dita alzate, turpiloquio e stato sociale, si è addirittura sentito più rivoluzionario e più alternativo che pria.
Eccolo il concertone del 1° maggio che riesce a trasmettere cose fondamentali come gli inutili slogan di Camusso dei Voucher, la musicaccia ascoltata dal palco, tutta uguale, tutta prona alle case discografiche (leggasi etichette), tutta rivoluzionaria da 20mila euro a concerto insieme alla lunga e patetica diretta di Rai3 così gravida di conformismo politico-culturale e frasi fatte da risultare inguardabile a chi abbia un minimo di capacità critica e che, alla fine, tutto ciò che ha trasmesso è che c’è sempre qualcun altro da incolpare.
Eccolo il concertone del 1° maggio nato per farvi credere che voi, con ciò che succede là fuori, non c’entrate niente. E’ tutta colpa di qualcun altro che voi non sapete nemmeno chi è. Lo chiamerete “sistema” o “società” proprio come se voi non ne faceste parte. Perché chi vi guida dall’alto come i burattini in nome delle tessere e della lotta sociale [sic] che da trent’anni nessuno fa più, non ha nessun interesse a che capiate che quando votate dovete sapere esattamente cosa state facendo. E se non vi hanno rincretinito a sufficienza il prossimo anno ci sarà un altro 1° maggio e dal palco potranno insultare chiunque essi ritengano degno d’insulto. E voi continuerete a sentirvi rivoluzionari per essere stati lì il 1° maggio…
Poi dopo il 1° maggio ci sarà il 2 maggio, ma questa è tutta un’altra storia…
Ad libitum.
(2 maggio 2018)
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