di Giancarlo Grassi #politica twitter@gaiaitaliacom #politici
La politica è un po’ come fare il cuoco, se cucini male poi da te non ci tornano più. Così se puoi fai chiudere gli altri ristoranti, così che tornino da te perché non hanno scelta. Se vogliono mangiare. La poco efficace metafora con la quale apro è voluta. Sicuramente l’appetito dei politici è superiore a quello dei cuochi, quando si cucina si mangia meno, ma sicuramente lo è anche la loro irresponsabilità. Un cuoco irresponsabile perde il lavoro subito. E non lo trova più. Il politico irresponsabile, almeno in questo paese, diventa sempre più famoso, seguito, conosciuto, idolatrato. Perché siamo nel paese dei balocchi e gli Italiani sono dei giocherelloni. Soprattutto per le cose serie.
E la politica lo è una cosa seria. Terribilmente seria. Perché gioca col suo destino signora mia, e poco importa alla politica se lei impreca tutto il giorno guardando i suoi programmi preferiti alla televisione, televisione che molto probabilmente è proprietà di un politico o di uno che lo diventerà o è in mano al parlamento, scagliandosi contro quella legge o quell’altra e dice ai suoi figli “sono tutti uguali”. Non sono tutti uguali, è che glieli spiegano così.
Con quel “sono tutti uguali” che nasconde il “quindi sono libero di votare a cazzo”, l’elettore italiano mette la causa per la sua sconfitta, cioè per la scelta di una classe politica che lo prende per il naso e continuerà a farlo perché all’irresponsabilità risponde l’irresponsabilità. Nel momento in cui io delego poi chi riceve la mia delega farà ciò che vuole lui, non ciò che io gli chiedo, perché la politica è un’atto di fiducia, non un contratto come blatera Luigi Di Maio, quindi devo stare attento – se non sono irresponsabile e non voglio irresponsabili.
L’Italia si salva con la responsabilità. Praticandola per primi, non chiedendola ad altri. Non si salverà giocando con le parole, incolpando gli altri, votando il primo che si spaccia per Messia. Si salva chiedendosi se la persona che mi sta rimbambendo con le sue porcate, non importa come si chiami o di che partito sia, sta dicendo cose sensate o vende fumo e se vale la pena votarla o no. Questo podcast del nostro Alessio Spelda racconta molto chiaramente quale sia il senso di responsabilità degli Italiani rispetto alla politica. Responsabilità vuol dire preparazione, ma preparazione e capacità non vogliono necessariamente dire salotti buoni e buone frequentazioni: responsabilità è anche perseguire con determinazione i proprio obbiettivi, giorno dopo giorno, senza curarsi di salotti buoni o cattivi. perché responsabilità è anche sapere cosa sto facendo e sapere con chi.
Il 4 marzo 2018, come nella maggior parte delle ultime elezioni, gli Italiani hanno votato aria fritta e irresponsabilità: e dopo sessanta giorni non c’è un governo. Gli eletti stanno ancora lì a scannarsi su chi ha vinto o perso e sono già pronti a chiedere nuove elezioni, accozzaglia di irresponsabili a cui noi – più irresponsabili di loro – abbiamo dato un’inutile fiducia e vivono di slogan e di soldi pubblici: 400milioni di euro spesi per non avere un governo.
Andremo a votare o no? Ancora non è dato sapere. Ma andrebbe tenuto a mente che non si può continuare a votare come se si andasse al cinema o se ci si togliesse un dente. Una elezione può provocare una nevralgia che dura anni. Tanto vale cercare di capire se chi ci vende il suo governo prossimo futuro sia poi in grado di mantenere, se non tutto, almeno buona parte di ciò che ha promesso. Che lo faccia o no è responsabilità di noi cittadini. Non di loro cialtroni.
(1 maggio 2018)
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