di Emilio Campanella, twitter@gaiaitaliacom
Alla Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di S.Giorgio a Venezia, la mostra d’autunno de Le Stanze del Vetro, aperta fino al 3 gennaio 2018, nell’ormai abituale collaborazione fra la Fondazione stessa, con Pentagram Stiftung.
Nome di artista importante e notissimo per la speciale pittura ornata, in cui la decorazione è preponderante, il colore determinante, e soprattutto nel suo connubio con l’oro in rilievo dagli effetti affascinanti nell’ispirazione dichiaratamente orientalista. Colpisce quindi il contrasto con questi suoi vetri di grandissima, elegante semplicità, realizzati fra il 1921 ed il 1926. La consueta attenzione nell’allestimento e nell’illuminazione contraddistingue questa bella esposizione, curata da Marino Barovier, la quale, ancora una volta contestualizza i magnifici manufatti esposti con molte e grandi foto d’epoca. Nella prima sala, anche, in un breve, antico filmato che si spia dagli scuri aperti di una finestra, il lavoro di una fornace. Vittorio Zecchin ( 1878-1947), muranese, figlio di un tecnico vetrario iniziò le sue collaborazioni con l’antiquario Cappellin e poi con l’avvocato Venini, i quali ebbero un primo negozio in S. Moisè, e successivamente a Milano, in via Montenapoleone dove pensarono a dei manufatti creati appositamente per una clientela molto elegante. Zecchin, staccandosi dalla tradizione ottocentesca ancora molto viva, propose forme di estrema semplicità ed eleganza, riferite all’antico, quando non direttamente ispirate, come nel caso del vaso su modello di quello raffigurato nell’Annunciazione di Paolo Veronese ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, una forma-modello che si chiama, appunto: Veronese. Un altro esempio notissimo si chiama Libellula ed è un cono campaniforme fornito di due manici sottili e dalla curva elegantemente ampia e leggera, i colori scelti e proposti da un artista che sapeva bene come farne uso e valorizzarli, sono tutta la gamma di quelli lagunari in sfumature delicate di una tale bellezza da non saper quale preferire.
Sette grandi sale, con molte proposte estetiche; al solito, gli interessanti progetti, i disegni preparatori, ed in questo caso, anche una bella scelta di incisioni. Si propongono i vasi con i manici, quelli senza decorazione, i costolati, così ispirati a tanti reperti di scavo, quelli, invece, decorati; le compostiere, le bomboniere, i servizi da tavola, ed anche un grande lampadario; vasi con piede, candelieri e candelabri. Si può, naturalmente, anche saltare ogni indicazione, didascalia, pannello e gioire delle forme, dei cromatismi, degli accostamenti, ma sono certo che ad un certo punto, si vorrà sapere la storia di un vaso, la motivazione della forma di un altro, il perché della decorazione di un terzo, ed allora, ecco in aiuto, un esauriente apparato informativo.
Per chi non si accontenta, c’è sempre l’aiuto dell’abitualmente monumentale catalogo edito da Skira.
(15 settembre 2017)
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