di Giancarlo Grassi
Massimo D’Alema e la patetica minoranza PD sono quella politica che manifestava nel 1968 per un’Italia differente da allora, per un futuro, per un “progresso”, per una “libertà” e che, una volta raggiunto quel potere che era l’unica cosa che trovavano interessante, hanno messo il tappo all’Italia, impedendone lo sviluppo riformista, alla faccia di quello che vaneggiavano due decenni prima. Sono anche quelli, Massimo D’Alema e la patetica minoranza PD, che per decenni (prima col PCI, poi col PDS, poi con i DS e quindi con il PD) hanno bloccato in ogni modo possibile i voti a favore del riconoscimenti dei diritti civili di TUTTI i cittadini di questo paese, ritenendoli poco di sinistra (quei diritti) soprattutto perché infastidivano la Destra con la quale Massimo D’Alema da uomo di destra, ha sempre cercato, spesso riuscendoci, di scendere a patti.
Bersani e gli altri sono quelli che farneticano di voto libero degli aderenti al PD nel caso di voto anticipato, espressione che sembra voler dire “Votate chiunque, ma fate cadere Renzi che ci ha fregato il partito con regolari primarie tanto noi del voto degli iscritti ce ne freghiamo”, e sono coloro che si sono costruiti le regole del PD addosso non rispettandole quasi mai. Ora però si richiamano al regolamento. Non sappiamo quanto siano consapevoli del desiderio più profondo della maggoranza degli elettori del PD che è quello di vederli fuori dal partito. Loro però, che sono tutto e tutti e rappresentanto tutto e tutti ed anche un po’ di più, vanno avanti per la loro strada: ciechi e sordi. Sono come Cuperlo che apparì come un sinistro presagio alla Gay Street romana qualche anno fa, per presenziare alla triste cerimonia in ricordo di un adolescente – probabilmente gay – che si era tolto la vita. Mentre si guardava in giro per essere sicuro che la folla notasse la sua presenza un uomo alla mia destra gli si rivolse sprezzante, apostrofandolo: “Lei che cosa ci fa qui, che dei diritti degli omosessuali se ne frega?”. Il signor Cuperlo nemmeno gli rispose e come farfalla leggera andò ad accomodarsi qualche metro più in là, proprio mentre Maria Cecilia Guerra iniziava un discorso da far piangere condito della retorica dei miei stivali della vecchia guardia del PD. Poco più in là Galan, il leghista poi arrestato, si faceva intervistare da qualcuno che speriamo abbia cambiato mestiere. Ci volle Vladimir Luxuria ad infiammare la folla. L’unica a ricevere applausi.
Dopo quell’episodio ci vollero anni ancora affinché uno straccio di legge sulle Unioni Civili fosse approvata dal governo Renzi nel silenzio sdegnato di Bersani, D’Alema e del solito Cuperlo, mentre il M5S prvava a farla saltara. Perché ricordiamo tutto questo? Perché D’Alema diceva già le stesse cose, tacendole. Mentre ora, lancia in resta, è diventato il nuovo leader della minoranza del “No” a tutto. Ma sapete in realtà qual’è il problema? Che andando a votare entro breve i vari signori della minoranza PD rischiano di non rientrare in Parlamento, né loro né almeno 100 dei loro e questo, il leader Massimo, proprio non può digerirlo.
Si parla di possibili elezioni a giugno e del presidente PD Orfini che porterà in discussione una versione aggiornata del Mattarellum alla ricerca di una possibile quadra/approvazione. Approvazione quasi impossibile. Se non si dovesse approvare la Legge Elettorale, l’attuale presidente del Consiglio potrebbe considerare esaurito il suo mandato e dimettersi E si darebbe il via alle danze costringendo tutti, dalla minoranza PD a Berlusconi e dal M5S alla patetica sinistra di Stefano Fassina a gettare la maschera.
(30 gennaio 2017)
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