di G.G.
A volte succede di doversi fare un lungo viaggio sorbendosi le inutilità di certi passeggeri che per dare aria ai denti e far passare il tempo, mettono al corrente la compagna di viaggio – ad un volume sufficentemente alto perché tutti gli altri vicini siano resi edotti – delle loro giovini et inutili esistenze piene di… nulla. Nel caso specifico la disavventura capitata a questa scrivente ha a che fare con un paio di giovani universitarie, di un’età compresa tra i venticinque ed i trent’anni, che non erano nulla contente di fare soltanto le passeggere e si son messe a far le colte. Citazioni (in)colte farcite di avverbi: assolutamente, naturalmente, ferocemente, assolutamente (di nuovo), ma certo assolutamente (ancora!) e di situazioni personali all’interno delle quali le due erano (ferocemente) stressatissime (risatine e gridolini) perché “senza stress io non mi sento viva” e dopo serate assolutamente (of course) “deliranti” la mattina io “non connetto” ed ho bisogno di almeno quattro ore per svegliarmi “ma quello stronzo del prof mi mette sempre lezione al mattino e non capisco una mazza” (perché le Università non sincronizzino le loro lezioni coi bagordi delle studentesse eternamente bambine non si capisce) e “meno male che ci son tante tazzine di caffé, ne prendo una ogni dieci minuti e al pomeriggio sono stressatissima”, e poi non dormo e al mattino siam da capo (risatine e gridolini). Così che mi son chiesta se io che di stress non soffro, che sono una donna che riesce a fare tutto e a ritagliare anche del tempo per me, non sia a)cretina, b)incosciente, nel vivere una vita dove la parola “stressatissima” non esiste. Per gran parte del viaggio, ascoltandole – queste dementi – mi sono chiesta se l’inutile utilizzo di avverbi, di un volume di voce stupidamente alto, di inframmezzare la frasi con squittii e “stressatissima”, servano più a far finta di avere una vita o a cercare di rendere più vivibile la propria disperazione. E voi a lamentarvi di Facebook.
(17 novembre 2016)
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