di Giorgia Trinelli
Prendiamo spunto dal “Giornale dell’Arte” per parlare con voi in merito alla conservazione dei beni culturali nel nostro paese. Problema di cui si parla solitamente “solo” dopo eventi terribili e devastanti come terremoti o altre calamità naturali.
Piangere ora serve a poco – e forse anche parlare di opere d’arte quando molte, troppe persone non hanno più alcunché (per l’informazione strizzabudella ci sono, per fortuna [sic], le televisioni e il loro sciacallaggio).
Un disastro: cinquemila, almeno, i monumenti, le basiliche, le chiese, edifici storici uccisi, diverse decine di migliaia le opere di artigianato, scultoree ed altro offese dal sisma ma, ancor prima offese e uccise da un sistema che non le rispetta, che non le ama e non le protegge. I tecnici mancano, la formazione di tecnici manca, i concorsi per l’assegnazione di appalti… Lasciamo perdere.
Le maestranze a disposizione delle soprintendenze pare non bastino o sono male impegnate. Storici dell’arte, architetti archeologi si sono messi a disposizione; è urgente censire tutto, è urgente evitare ulteriori crolli, è urgente l’urgenza. Nell’urgenza è vitale evitare le troppe lungaggini burocratiche, è necessario domani ricordare quanto accade da tanto, troppo tempo in un paese che di arte vive, o meglio potrebbe vivere, se solo imparasse ad ascoltarne il richiamo. E a rispettarla.
Importante la formazione di professionisti capaci, ancora più importante l’impiego di professionisti nei luoghi che contano: nelle stanze dei bottoni. Importante che il nostro ministro decreti e vigili quanto prima e bene. Per il bene di un paese d’arte già dilaniato, per conformazione geografica e sismicità, da terribili eventi. Faccia l’uomo ciò che la cultura e il progresso possono, laddove la natura abbia già fatto il suo mestiere (suona terribile, ma è così).
(2 novembre 2016)
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