di Daniele Santi
Il 28 luglio scorso, come ci è già successo di fare, abbiamo scritto un pezzo su ciò che pensavamo di dover scrivere e che trovate a questo link. Chiudevamo l’articolo, come già avevamo fatto in altre occasioni, con l’invito “Ora insultateci”, perché è sempre bello vedere come gli italiani siano pronti a raccogliere ogni invito, ed essendo un’abitudine, ormai, quella di coprirci di insulti quando abbiamo l’ardire, cioè sempre, di scrivere ciò che pensiamo e non quello che gli altri pensano dovremmo scrivere. Cioè che loro sono tanto bravi. Abbiamo perso un certo numero di followers e rimediato un certo numero di insulti. E’ stata altresì, un’occasione per de-idiotizzare il profilo, perché bisogna pur difendersi, prima di ribadire ancora una volta alcune cosette. Finché i militanti, capetti, regine, invasati, che popolano il mondo di certo (non tutto, un’infima e dannosissima minoranza) associazionismo LGBT si sentiranno investiti di una missione, difetto purtroppo tutto italiano, ovvero la missione di salvare il mondo – che è sempre il loro, circoscritto al loro ombelico e poco più in là – continueremo a contestarli con tutta la forza possibile. Lo scrivente ha preso sberle, calci, è stato pestato, isolato, vessato, boicottato, semplicemente perché all’età di 16 anni (ormai diversi lustri fa) ha deciso di farsi una storia con un coetaneo in un luogo di poche centinaia di abitanti nella regione che viene ritenuta tra le più “tolleranti” d’Italia (ma ve la rileggete, ogni tanto, razza di svergognati, la definizione di tolleranza dei dizionari della lingua Italiana? Se sì, capite l’accezione profondamente razzista che ne viene data? E avete il coraggio anche di utlizzarla una parola simile? Fateci il piacere!) e di NON nascondersi. Aveva la battuta abbastanza pronta, il signore scrivente in questione, per fare stare zitto chiunque. Non avendo mezzi, gli scimmioni passavano alle mani. Questo per dire che prima della decisione di molte e molti di voi di trasformarvi nei salvatori del mondo, probabilmente molto tempo prima che lo spermatozoo generatore prendesse la sua insana via, c’era qualcuno che aveva deciso di vivere come voleva.
Tra tutto il successo nel giorno della pubblicazione del pezzo di cui sopra, l’intervento di una delle regine di certo associazionismo da studio medico psicologico, un’attempata (nell’animo) eterosessuale (c’ha tenuto a precisarlo perché l’eterosessuale impegnata nell’associazionismo LGBT è PIU’ buona) ha pensato bene di rivolgerci le sue turpi attenzioni condividendo alcune inutili ruminazioni con la mutua formata dai suoi amichetti, che a loro volta hanno sproloquiato e che faranno sproloquiare (o dio che gran sproloquio) che credetemi, studiatevi la Commedia dell’Arte: serve di più, libera la mente ed insegna quali sono i bassi istinti che pensiamo di non avere (e che invece ci governano) e come usarli.
Detto questo, nell’augurare a tutti i militanti, capetti, regine, invasati, che popolano il mondo di certo (non tutto, un’infima e dannosissima minoranza) associazionismo LGBT, felicissime vacanze alla caccia dell’omofobo di turno che li discrimina solo perché respirano (e non dello psicologo che insegna loro come risolvere i conflitti legati all’egopatia), comunichiamo a queste signore e signorine, signori e signorini che continueremo, come sempre, a scrivere quello che ci pare, lasciando a tutte e tutti loro la libertà di andarci da soli senza che siamo noi a mandarceli. Con tanti auguri di grandi soddisfazioni.
Di ciò che realmente contava nell’articolo da noi scritto, che aveva a che fare con le malattie terminali e delle Unioni Civili come dignità e realizzazione di un desiderio per qualcuno che è giunto al termine del suo viaggio, non è rimasta traccia nei commenti dei gèni di cui sopra. Tant’è.
(29 luglio 2016)
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