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“Giustappunto!” di Vittorio Lussana: “Non buttiamola in caciara”

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Vittorio Lussana 02di Vittorio Lussana  twitter@vittoriolussana

 

 

 

 

 

Comprendo il disappunto di alcuni amici che stavano sostenendo, con molta passione civile, il tentativo dell’amministrazione Marino di far cambiare mentalità ai cittadini della capitale d’Italia. E più di qualcuno mi ha sottolineato, forse giustamente, che se dovesse emergere qualcosa di ‘strano’ anche dalle spese di rappresentanza del Renzi allorquando era sindaco di Firenze, per motivi di coerenza dovrebbe anch’egli dimettersi da presidente del Consiglio. La ‘questione-Marino’, insomma, rischia di diventare, per il Partito democratico, assai più ‘scivolosa’ e dirompente di quanto non sembrasse a prima vista. Ma il ruolo che ha dovuto assumere il Pd in questi anni, cioè quello di ‘Partito-garante’ dell’unità nazionale e della stessa dialettica democratica, è troppo importante rispetto alla tentazione di buttarla in ‘caciara’, almeno in questa fase. Indubbiamente, Matteo Renzi ha gestito in modo piuttosto emotivo il ‘caso-Marino’. Tuttavia, risulta fondamentale che egli rimanga ‘inchiodato’ lì dov’è almeno sino al 2018, per poter fare, alla scadenza naturale della legislatura, un bilancio completo delle sue riforme e del modo in cui ha esercitato il proprio mandato di Governo. Il fatto che non si riesca mai a completare, qui da noi, alcuni processi riformistici di ‘lunga lena’ rappresenta un dato più che sconcertante: una modalità demagogica di fare politica. Non tutto può essere considerato giustificabile: si può cambiare idea, ovviamente, su molti problmei, ma senza cadere nel ‘voltagabbanismo’ opportunistico più estremo. Se Renzi avrà governato male, nel 2018 lo si potrà ‘spernacchiare’ e punire, elettoralmente, quanto si vuole. Questo fatto che nessun Governo possa mai dispiegare le sue potenzialità riformatrici, o persino evidenziare appieno i propri limiti, è un estremismo, se non addirittura un ‘infantilismo’, del nostro modo di intendere il confronto democratico. Quando sarà tempo di bilanci, si potranno discutere liberamente tante cose. Ricordo, per esempio, che la Lega Nord fu capace di far cadere un Governo di centrodestra, nel 1995, al fine di “realizzare una riforma federale dello Stato e riuscire a entrare nell’Euro”. Per il movimento oggi guidato da Matteo Salvini, la moneta unica, invece, rappresenta la fonte originaria di tutti i nostri problemi, nonostante si osservino malefatte di ogni genere e un buon 70% dei nostri impiegati pubblici dovrebbe essere licenziato ‘in tronco’. Cambiare idea è possibile, in politica; entrare in contraddizione con se stessi, invece, no. Anche perché non sempre è vero che “le cose possono cambiare”: un minimo di coerenza è ciò che dimostra una progettualità programmatica effettiva. Si parla sin troppo ‘chiaro’, nella nostra politica di oggi, ma poi si realizza ben poco. Non è affatto ‘normale’ cambiare ‘linea’ solo per poter giustificare ogni ‘parte’ da recitare in ‘commedia’. Sono esattamente queste le incongruenze che tendono a trasformare il dibattito generale in quel ‘teatrino’ che tutti quanti, ormai, disprezziamo profondamente. Questo semplice ragionamento avrebbe dovuto esser valido anche Marino: ciò è fuori discussione. Ma per quanto importante sia fare il sindaco di Roma, soprattutto in vista di un anno impegnativo come quello del Giubileo ‘straordinario’, governare un Paese è tutt’altra cosa. Arriverà anche il momento di ‘vagliare’ il Renzi: questo è sicuro. E, di certo, non intendiamo far ‘sconti’, di nessun genere e tipo, nemmeno a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16 ottobre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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