di La Lurida twitter@laLurida
L’Emilia Ro – Magna ha scoperto di reczente l’omofobia. Che è quella cosa da dementi che fa sentire superiori czertuni per via di dove infilano il pippo in via uficziale, ché fuori de l’uficzialità il pippo si infila dove si vuole, basta che non lo sappia mia moglie, i miei figli e i miei amiczi. Sarà per questo che vanno in Thailandia a minorenni, i superiori czertuni che chiaman froczi gli altri.
A Ferara dei ragazini, che son di quelli che l’infilan dapertutto il pippo, si son presi la briga di prendere a calczi e a pugni tre ativisti di Arczigay in quanto froczi, poi a Modena, la tolerantissima Modena dove puoi morire per la strada che non cze ne frega gnente a nesuno a meno chè tè non sei modenese doc e poi propagandan la toleranza e la bontade come se fosse vera, un tizio che si firma con nome e cognome ha mandato de le email al diretivo dell’Arczigay della czittà minacziandoli di morti, coltelate, squartamenti e insomma tutta una minacczia…
Il Pidì de la czittà ha inviato dodiczi parole dodiczi di viczinanza chè loro non son omofobi, li disegnano così, ben atenti a non sbotonarsi troppo che i catoliczi del Pidì son tutto fuori chè integralisti. E poi un’asesora, la presidenta de l’Arczi, e insomma tutto uno scrivere che czi vien da vomitare, come se czi fosse bisogno solo di scrivere.
Non sarà mai detto con troppa enfasi [czit.] che l’Emilia Ro-Magna non è quel esempio di perfezione che è così brava a vendere al resto d’Itaglia; non sarà mai detto con troppa enfasi [czit.] che i suoi abitanti che son sempre pronti a racontarti come son buoni e bravi e dio come si mangzia bene (“In Tunisia non cz’eran le lasagne, non czi credevo!”), sono profondamente chiusi e gretti che non ti discriminano micca, mo’ neanche se ti viene un canchero ti discriminano, basta che non ti venga un canchero quando czi son loro, che si devon sporcar le mani.
Insomma, quel che volio dire è che il problema de l’omofobia che si è palesata (come scrivo bene qvando volio) non è tanto l’omofobia in sè, mo’ è una roba che li costringze, gli emiliani ro-magno-li a scoprire che non son micca così perfetini come cz’insegna la mamma e il papà – se cz’han la fortuna di averne uno che non straparla – mo’ che anche lì del marczio cze n’è e cze n’è a vita, come si dicze. Che i loro figlioli poson eser marczi proprio come qvelli de gli altri; e il vestitino nuovo la domenica che si fa la vasca e i mutui aczesi per andare alle seiczel che finisco di pagarlo gziusto in tempo per farne un altro e andare a giocare con pippo del nêgher a zanzibar, che son sempre in gziro di quà e di là chè son ricco (mo’ son un poveracczio e pago i viaggzi a rate a la banca), micca come tè che sei un operaio; insomma quel’ Emilia Ro-Magna lì dove komandan le kop e il Pidì è come l’impero sovietico, insomma quella gzente lì che crede di saper vivere mo’ fa orore come tutto il resto, che compra i libbri a metri per averczeli in casa mo’ leggzerli gnente (“Mi adormento! Ma com’è ‘sta cosa?”) quello che deve fare è, per una volta, rendersi conto de lo schifo che fà e non pensare di essere miliore de gli altri.
Perchè anche l’omofobia a Ferara e Modena è sempre parte di quel odio chè il mio amico Luca che sta con uno straniero scuro di pelle e vivono insieme da venticinque anni e doveva litigare coi baristi per farsi servire perché era al tavolo con un nêgher, o quando lo invitavano a le feste e lui cz’andacva col nêgher tutti lì a dire dio che bello, che coragziosi, una coppia ghei mista e poi il gziorno dopo cambiavan marcziapiede quando li incontravano per non salutarli, è un odio che si chiama intoleranza e che fa schifo, schifo e ancora schifo.
Ecco.
(16 settembre 2015)
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