di Il Capo
Ne ho sentite di tutti i colori il 25 aprile mentre passeggiavo per i fatti miei, è la cosa che più mi piace fare, cercando di acchiappare frammenti di dialoghi tra altri passanti in coppia o in famiglia o con gli amici intimi – i “luoghi” nei quali il più becero squadrismo, il più orrido razzismo, il più disgustoso “protervismo” si manifestano, perché protetti dalla “famiglia”. Era il giorno del 70° anniversario della Liberazione, quella Liberazione che ha permesso a tutti noi di essere quello che siamo, di poter esprimere la nostra opinione, di fondare partiti razzisti e di esserne orgogliosamente leader, di postare su qualsiasi social network la più immonda porcata come se fosse oro, di appartenere a questo o quel gruppo, di militare in questa o quella fazione politica, di essere etero o gay agli occhi di tutti, di scendere in piazza a rivendicare diritti, a manifestare contro il governo, a rivendicare migliori salari, migliori condizioni di vita.
Quella Liberazione che ha permesso all’Italia di diventare uno dei paesi più avanzati del mondo, che ha fatto nascere uno Costituzione straordinaria, così straordinaria che nessuno riesce ad applicare totalmente e che ci renderebbe un faro nell’oscurità oscurantista del mondo contemporaneo. Quella Liberazione sulla quale l’80% delle persone che ho sentito blaterare idiozie mentre passeggiavo da solo, è la cosa che più mi piace fare, sputavano allegramente sentenze, altro che “Festeggiare il 25 aprile, bisogna sparargli nel culo a quelli di Roma che stipendiano gli extracomunitari”!
Quell’80% di persone – lo so che è un ossimoro, ma non ve la prendete con me – dimostravano di non rendersi conto in che mondo stanno vivendo, di quali libertà stiano godendo, di quanto enorme sia lo spazio di libertà a loro disposizione, così vasto che i loro miseri sguardi non arrivano nemmeno ad abbracciarlo per intero.
Un enorme tristezza.
(26 aprile 2015)
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