di Iosonodio
Ci succede sempre più spesso dato il mestiere che facciamo, di ricevere email, commenti – pochi, in verità – su ciò che facciamo o risposte piccate alle nostre critiche teatrali o cinematografiche, o attacchi – anche verbalmente violenti – a nostri collaboratori, soprattutto quando trattiamo di politica, di scrittura e cultura o teatro.
Qualche giorno fa ero presente in qualità di invitato alla presentazione di un libro di un autore americano a Milano, invitato come interprete, lavoro che ho esercitato per un certo periodo, e sono stato violentemente attaccato per un presunto errore nella traduzione di una risposta. Errore che non c’era. Ma la conoscenza della lingua dell’attaccante era minima e la sua volontà di emergere massima. Le due cose non possono evidentemente andare insieme. Se non gridando.
Ho assistito poi allo scambio di battute tra marito e moglie, o una coppia, sul treno, al mio ritorno. Lui, con la prosopopea di chi ha letto tre libri in vita sua, e forse a scuola, agitava il suo integralismo razzista scagliandosi contro “quegli stranieri che hanno colonizzato l’Italia a scapito degli italiani… Guardali, tutte le bancarelle sono loro. Italiani non ce n’è più”.
La risposta di lei “Si vede che hanno pensato più concretamente al loro futuro di quegli Italiani che perdevano le loro giornate ai provini del Grande Fratello”, meritava un applauso, ma non era luogo.
E’ una legge universale ormai, notare come – in una terra sempre più simile a Babele – dove tutti parlano qualsiasi lingua e la comunicazione si fa insieme più semplice e più complicata, se la lingua franca fosse davvero l’Inglese, coloro che per scelta o per sfiga non parlano le lingue o non hanno il livello culturale per discutere di ciò che non conoscono, si sfoghino con violenza su quel ricettacolo d’imbecillità che sono diventati certi social network scaricando tutta la loro frustrazione su chi considerano un avversario per il semplice fatto di avere più conoscenze delle loro.
E’ il grande trionfo del ventennio dell’Ometto che ha fatto apparire la professionalità, il talento, lo sforzo, lo studio, l’impegno, bazzecole di fronte alla forza dell’imprenditore che si è fatto da sé e alla fortuna di poter partecipare a programmi televisivi indecenti – da reti di proprietà di quell’imprenditore – dai quali avere accesso ad un futuro dorato e glorioso.
Se le cose sono a questo punto è anche colpa di quegli incoscienti che c’hanno creduto, accecati dalla loro ambizione e dalla loro stupidità.
Poi continuino pure ad offendere chi va dritto per la sua strada sicuro delle proprie scelte e preparazione: invidia ed idiozia vanno a braccetto.
(10 giugno 2014)
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