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Il punto di Aurelio Mancuso, Giornata internazionale contro l’omofobia: la lesbofobia dei maschi etero e gay

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Aurelio Mancuso 00di Aurelio Mancuso twitter@aureliomancuso

Come per gli altri modelli imperanti nelle società moderne, anche nella collettività lgbt esistono stereotipi positivi che nei fatti tendono a omogeneizzare rappresentazioni e rappresentanze. Nel popolo omosessuale la figura del maschio dominante, possibilmente muscoloso, scevro da ogni tentazione di femminilizzazione, così abusata sui media, è stata per tutti gli anni ’90 e buona parte del primo decennio del 2000, il logotipo su cui categorizzare l’omosessualità a detrimento delle omosessualità.

L’abbondante avvento dei gruppi bear (di cui sono difficili citare tutte le specificità e distinzioni interne), l’affacciarsi delle famiglie omogenitoriali, la più convinta emersione dalla clandestinità delle lesbiche, finalmente rende, perlomeno in parte giustizia rispetto alle banali classificazioni.

A differenza di quanto si pensa, gli omosessuali maschi non amano così deliziosamente le donne, specie se sono lesbiche. Intendiamoci gay e lesbiche convivono al più pacificamente e persino si accompagnano in gruppi amicali solidi, ma la lesbofobia tra i gay è diffusa ed è una specifica discriminazione figlia della misoginia, millenario strumento condiviso dai maschi di tutti gli orientamenti sessuali per dominare le donne. Quando un omosessuale vuole attaccare (anche benevolmente) una lesbica, la nomina al maschile, oppure l’accosta al solito ritornello, declinato al femminile per colpire più nel profondo “sembri una camionista”.

Non è raro che gay ed etero siano uniti nella svalorizzazione dell’identità lesbica, la caserma machista tiene sempre le porte aperte a chi, nell’animalesco richiamo dei dominanti, vuole concedersi aneddoti e giudizi nei confronti delle donne.

In politica, come nel movimento e nella collettività lgbt lo specifico lesbico è sopportato, non di certo supportato, e quando qualcuna riesce a conquistarsi spazi nel potere degli uomini, è sicuramente “una con le palle”. A differenza dei gay, le lesbiche sono poco inclini al vittimismo, certamente hanno molte ragioni di sconforto, come quando nelle goliardiche e alticce situazioni dove i gay espongono la propria virilità o all’opposto la propria “migliore” femminilità devono ascoltare affermazioni del tipo “la figa piace a molti, il cazzo a tutti”. Che poi si tratta, per queste e altre stupidaggini, di autocompiacimenti provenienti da una visione debole e spiccia delle sessualità.

Non si hanno per fortuna notizie di violenze lesbofobe perpetrate dai gay (ma la violenza e la prevaricazione verbali non mancano), invece abbondanti e scarsamente emergenti in forma pubblica, sono i tentati, a volte riusciti, stupri di cui sono colpevoli gli uomini etero. L’idea stessa che esistano le lesbiche, ovvero donne che non prevedono in alcuna forma il coinvolgimento emotivo e sessuale del maschio, provoca due atteggiamenti: da una parte la curiosità morbosa (malamente soddisfatta dalla produzione porno macchiettistica) o l’avversione fisica.

La doppia discriminazione che le lesbiche subiscono avrebbe bisogno di robuste campagne culturali e di una vera riflessione interna alla collettività lgbt. Per ora nulla di ciò accade e, per questo, per quanto mi riguarda, la Giornata contro l’Omofobia, la dedico alle sorelle lesbiche, come una piccola pietra lanciata nel mare dell’indifferenza gay.

 

 

 

 

 

 

©aureliomancuso 2014
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