di Rosario Coco twitter@rosariococo
E’ come gettare la maschera. Aveva cominciato Monti con 12 mesi e adesso Renzi prosegue con 36.
E’ il periodo in cui è possibile adesso non indicare la causa del contratto a termine.
In più tra le varie del decreto lavoro approvato ieri, chicche, si toglie l’obbligo di assumere gli apprendisti in carico per poterne assumere di nuovi.
Questi provvedimenti si scrivono “semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese” si leggono “cosa cazzo vuoi se sei precario ringrazia il cielo se lavori”.
Serve far notare che i contratti a progetto sono stati inventati per venire incontro alle esigenze di “progetti” reali, quindi lavori finalizzati ad un obiettivo specifico che richiedono determinate competenze e determinati assortimenti di profili professionali e che possono essere una reale esperienza di formazione e aggiornamento.
Basti pensare ai progetti europei. “Il contratto a progetto” era stato pensato come un’opportunità, con un’esperienza di avviamento o come un modo per affiancare più esperienze lavorative. Non come un feticcio al quale aggrapparsi per cercare di abbattere i costi del lavoro scaricando tutto sui lavoratori e precarizzando l’esistenza stessa di una generazione. Con risultati pessimi anche per le imprese, che non investono sulla qualità del lavoro, sulla formazione e sull’innovazione.
Togliere la causa per 36 mesi ai contratti “a progetto”,quindi, è un po’ come gettare la maschera: mettetevi il cuore in pace, d’ora in poi si lavora così, e se fiati, torni a casa.
Al netto di tutto questo, il decreto non contiene alcuni annunci importanti del Jobs Act di Renzi, come la riduzione delle oltre 40 forme di contratto precarie. Per non parlare di un qualche barlume di provvedimento che possa creare nuovi posti di lavoro.
Si galleggia, sperando di creare qualche migliaio di precari in più chiamandoli “nuovi posti di lavoro” per le folgoranti slides della prossima conferenza stampa del Presidente del Consiglio.
Intanto le europee si avvicinano e si parla poco, troppo poco, di Fiscal compact, MES, euro. Anche chi dovrebbe parlarne si mette la coscienza in pace dicendo “no all’austerity”.
Bene, l’austerity ha i nomi di quei trattati, Maastricht compreso, che ci stanno imponendo tagli insostenibili e ci costringeranno a svendere assets strategici e beni culturali senza il benchè minimo miglioramento per i lavoratori e le imprese. Purtroppo le persone che lo hanno capito meglio, in Europa e in Italia, sono impresentabili per troppi aspetti. Speriamo ancora per poco.
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