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Il Punto di Aurelio Mancuso: 8 marzo, attenzione al maschilismo ammantato di buonismo

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Aurelio Mancuso 00di Aurelio Mancuso twitter@aureliomancuso

Arriva inesorabile l’8 marzo che nel decennio scorso si era trasformato in un appuntamento ludico festaiolo con tanto di cene di fiumane femminili concluse a volte da pietosi spogliarelli maschili. La festa ci sta tutta e bisogna sempre allontanarsi dai facili moralismi, ma se solo questa facciata prende piede, allora si tradisce una giornata che ha come fulcro l’orgoglio di esser riuscite a conquistarsi spazi sempre più ampi di libertà e la necessità di non desistere.

L’8 marzo nasce da un fatto luttuoso di donne morte perché lottavano per il loro lavoro e per la loro dignità, una scintilla che comprendendo battaglie precedenti ed evolvendo per azioni successive ha reso possibile una delle rivoluzioni sociali e culturali più potenti e per questo meno amate dalla storiografia maschile. Dai movimenti femministi e delle donne l’Occidente, e nei decenni successivi, di tutto il mondo, è stato trasformato. Moltissimo è ancora da fare, e i soprusi, le violenze, gli omicidi non si fermano, a volte diventano vere e proprie pratiche di guerra e strumenti di repressione politica.

Il 25 novembre questa tragedia è ricordata e analizzata, così come per altre discriminazioni e stermini le persone perseguitate per il loro orientamento sessuale, sono rammentate il 17 maggio, e per la propria identità di genere il 20 novembre. L’8 marzo, come detto, sta recuperando le sue ragioni politiche e culturali, ha bisogno di ritrovare una propria originalità che parta proprio dalla forza delle donne, le sole che con determinazione possono oggi raccontare il difficile percorso intrapreso e le molte cose ancora da fare. Questa data è da sempre un misto d’impegno civile collegato alle fondanti richieste di emancipazione, e parità evidenziate dai simboli di festa e allegria come le mimose voluti dall’UDI nel 1946.

Il conflitto tra parità e differenza non si è risolto dentro e fuori il movimento delle donne, ma ciò che conta è la volontà che la memoria sia ben presente e che le giovani possano rinnovare l’appuntamento attraverso i codici e gli strumenti dell’oggi. E’ indubbio che non basti riaffermare le complesse teorie del femminismo per conquistare a una robusta coscienza di se. Milioni di giovani donne oggi più di un tempo, sono immerse nella liquidità valoriale, nella frammentazione dei punti di riferimento del pensiero e dell’incontro, nella scarsità di approccio moderno nella pur articolata e viva rete delle donne.

Nel discorso pubblico emergono essenzialmente il rifiuto della violenza e il contrasto alla rappresentazione mercificata dei corpi, che portano molte a immedesimarsi nel pericoloso assioma vittima e perbene, che è stata anche la risposta più dura ai modelli culturali del berlusconismo propinati sui media e purtroppo anche in politica. Scambiare queste sub culture maschiliste come la frontiera su cui erigere barricate di alta moralità, di difesa del corpo vestito delle donne, di vittimismo sprofondante nell’ascetismo, mette in secondo piano l’autodeterminazione, il rifiuto della sessualità come necessaria di coperture pudoriali, la libertà intesa come disgiunzione dei ruoli di cura, di gregariato, di annullamento del se, imposti dall’antropologia maschilista. Bisogna star attente alle antiche riproposizioni in forme moderne del moralismo paternalista, che si esprime anche nell’adesione massiccia e untuosa dei presidi mediatici maschili alle campagne sul femminicidio.

L’8 marzo più che dalle cene aziendali un po’ forzate e cafone, è accerchiato da un buonismo maschile pericoloso che soccorre le vittime e rimanda a una indistinta società brutale le colpe. Care donne, buon 8 marzo, siate feroci e impazienti, ironiche e perseveranti, come avete saputo fare lungo questi decenni, qualità che vi hanno permesso di non desistere nella considerazione che la parità è un obiettivo intermedio, poca cosa se non necessario allo sradicamento profondo degli incrostati millenari poteri dei maschi, che qua e là cominciano a cambiare, ma non abbastanza.

 

 

 

©aurelio mancuso 2014
©gaiaitalia.com 2014
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riproduzione vietata

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