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Il PD ha incontrato le associazioni LGBTI: pare ci sia stato anche un certo dialogo

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di Federica

L’incontro svoltosi lo scorso 25 febbraio tra alcune delle principali associazioni LGBT nazionali e il Partito Democratico ha suscitato un lungo strascico di polemiche, sopratutto in rete, compresi alcuni articoli dal tono discutibile e dall’indiscutibile arroganza.

All’incontro erano presenti Agedo, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Equality Italia, Famiglie Arcobaleno,  MIT (Movimento Identità Transessuale). Dall’altra parte il Partito Democratico rappresentato dai parlamentari Giuseppe Lumia, Sergio Lo Giudice e Ivan Scalfarotto – neo sottosegretario alle Riforme –  firmatari di proposte di legge sui temi “matrimonio egualitario e unioni civili”, il responsabile Scuola e Welfare del partito, Davide Faraone e Anna Paola Concia della Direzione Nazionale Pd.

Faraone, del PD, si è dichiarato soddisfatto dell’incontro, mentre non pochi a partire da Franco Grillini, sono rimasti a dir poco perplessi dall’assenza di associazioni nazionali quali Gaynet e Anddos, che attualmente annovera più di 80.000 iscritti e di Gaycs. Il risultato, cercando di ricostruire dalle varie dichiarazioni, sembra essere un sostanziale affidamento alla lungimiranza del Partito Democratico, che continua a ribadire il proprio modello basato sulle Unioni Civili alla tedesca.

Più che parlare di matrimonio o unioni civili, ci sarebbe da fare qualche passo indietro e discutere di metodi, perchè anche il modello tedesco può essere tranquillamente svuotato come è successo a seguito dei compromessi inammissibili portati avanti con la legge antiomofobia. Ci sarebbe da riflettere, inoltre, sul fatto che non sia più tollerabile, nel 2014, con gli esempi di Cameron e Hollande, ritrovarci con  un istituto riservato esclusivamente agli omosessuali, comunque esso si chiami, come sembrano voler essere le unioni civili di Renzi.

Rischiamo di fare le unioni civili o le “coppie di fatto” negandole agli eterosessuali ad esempio, cosa che paradossalmente  risulterebbe un “privilegio LGBT”, come dicono i nostri detrattori della Manif.

Insomma, vero è che la speranza è ultima a morire, ma è vero anche che gli interlocutori politici del movimento LGBT non possono più rimanere sempre i medesimi, sia dal punto di vista dei singolo, sia dal punto di vista delle formazioni politiche.

 

 

 

 

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