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Legge contro l’Omofobia: intervista a Vanni Piccolo che conclude la nostra micro-inchiesta

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Vanni Piccolo 00di Maximiliano Calvo

Dall’approvazione in prima lettura alla Camera, abbiamo cercato di affrontare la questione della Legge contro l’Omofobia con una serie di interviste ad Andrea Maccarrone, presidente del Circolo Mario Mieli, alla Dottoressa Morello, presidente dell’APM e la pubblicazione di un’intervista alla Cittadina a 5 Stelle Giulia Di Vita, per mano di Rosario Coco.

Concludiamo la nostra “inchiesta” sugli “umori” generati dall’approvazione di una legge che riteniamo inutile e che speriamo che al Senato, morte del Governo permettendo, venga trasformata, con un’altra intervista, l’ultima, a Vanni Piccolo, fondatore del Circolo Mario Mieli, figura storica del movimento LGTBI italiano che vi proponiamo di seguito sperando ai avervi fornito informazioni sufficienti a farvi comprendere meglio le dinamiche che si muovono dentro, fuori e attorno la legge.

L’intervista:

Così la legge-truffa che non punisce gli omofobi istituzionali e on protegge le vittime dell’omofobia è fatta. Che dire?
E’ una legge che non tutela le persone LGBT, anzi garantisce libertà di insulto e odio alle organizzazioni che da sempre sono nemiche dei diritti LGBT. La grande delusione e una profonda amarezza deriva dal fatto che questa legge per tutelare le persone LGBT sia nata fuori dalle associazioni che di questo tema si occupano da anni, e sia presentata e difesa in Parlamento da chi invece dovrebbe rappresentare le istanze del movimento. Sono prevalse le ragioni di partito. Allora non si dica che questa legge tutela le persone omosessuali, tutela i catto-fascisti del PD.

La reazione all’approvazione della legge, furia sui social network a parte, è stata debole. Cosa è successo?
La reazione sul web è stata di netta condanna di questa legge da parte di tutte le associazioni che operano contro tutte le discriminazione e di tutta la componente laica della società. Ovviamente dove la reazione è stata assente o tiepida si intravede benissimo la difesa di interessi personali o di parte.

Arcigay aveva promesso una mobilitazione massiccia: si è trattato dei soliti proclami?
Non vedo molta mobilitazione in Arcigay se non da parte di alcuni comitati molto attivi. Però una grande manifestazione di rabbia, di protesta e di proposte condivise è chiesta da molti settori. Io sono per una manifestazione senza riguardi per nessuno. Forte e incazzata. Ormai ne vanno di mezzo le nostre vite e chi rappresenta la realtà omo/transessuale non può muoversi tra equilibrismi e tatticismi. Abbiamo il dovere di dare alla generazione giovane tutela, diritti, progetti di vita felice, senza discriminazioni, senza aggressioni, senza violenza.

Perché in questo paese si privilegiano sempre gli interessi di partito e mai quelli di cittadini?
Oggi i parlamentari non rappresentano più i cittadini, ma il sistema partitico. Sistema che determina una politica delle poltrone, una politica della sopravvivenza, senza rappresentanza sociale, culturale, scientifica soprattutto con questa legge elettorale che permette agli eletti di non doversi confrontare con gli elettori. L’azione dei partiti è diretta verso nomine, spartizioni, appartenenze, correnti; difficilmente verte su problemi reali, su ideali politici e culturali. E in Parlamento i deputati nominati arrivano con questo bagaglio di miseria.

La legge verrà bocciata al Senato, dove non ci sono i numeri o si proseguirà con questo orrore?
Il momento politico di oggi non consente a nessuno di fare previsioni. Io come gay voglio un governo che finalmente riconosca tutti i miei diritti di cittadino previsti dalla Costituzione, soprattutto il diritto di vedere riconosciuto giuridicamente il mio legame affettivo, quindi il matrimonio egualitario. Come gay antepongo questa battaglia a qualunque altro obiettivo. E questo Governo non ha dato alcun cenno in tal senso, anzi ha perso molte occasioni per aprire la questione. Mai sentita una parola di solidarietà di fronte alle tante aggressioni ai danni di persone LGBT. La legge sull’omofobia è passata nel disprezzo totale della nostra dignità e della nostra sicurezza.

Quanta responsabilità hanno, se ritiene che ne abbiano, le associazioni nell’attuale panorama di non-protezione delle persone LGTB italiane?
Le associazioni hanno un grande torto che si traduce in responsabilità.
In primis aver fatto prevalere protagonismi personali e autorefenzialità, che hanno portato inesorabilmente ad una vera frantumazione del movimento. Questo ha indebolito enormemente l’efficacia delle azioni, in primis quella dei Gay Pride. I pride sono sempre molto partecipati, e non solo da persone omosessuali, ma stranamente poi non si riesce a capitalizzare questo risultato per un interesse collettivo. In secondo luogo è sotto gli occhi di tutti, la stretta connessione tra associazione e partiti politici. Io ricordo il dibattito nel movimento agli inizi degli anni ’80 sull’apertura ai partiti e alle Istituzioni. Credo sia stata una buona scelta quella dell’apertura. Ma un conto è aprire ai partiti per ottenere spazi di discussione e significativi progressi, altro è assecondare le politiche dei partiti a discapito delle battaglie del movimento. Bisogna rendere i partiti politici funzionali alle nostre richieste e non viceversa. Infine mi spaventa il sistema pragmatico presente in molte associazioni. Mi sembra che sia venuta meno la motivazione, la passione, la militanza per usare una parola ormai obsoleta. Molta operatività, molti servizi, molta efficienza, ma poco coinvolgimento, se poi ai presidi, ai sit-in, siamo in pochissimi e con poca, veramente poca inventiva. Ovviamente con le dovute eccezioni, che per fortuna crescono sempre di più.

Cosa si dovrebbe fare?
Questa domanda per me è difficile. Io appartengo ad una generazione che non ha programmato molto cosa fare. Facevamo quello che ci sentivamo, con rabbia, determinazione e molta ironia. Una cosa che mi sento di dire è che si dovrebbe, anzi si deve intervenire con una protesta prima di tutto unitaria. Bisogna programmare insieme la protesta e parteciparvi tutte e tutti. E’ penoso non partecipare se non si è tra i promotori di un evento, o peggio contrastare un’iniziativa, o peggio ancora promuoverne una parallela. Con questo sistema non possiamo essere né forti né credibili, anzi rafforziamo i nostri nemici. Ci vuole più convinzione, più ascolto della base, e soprattutto più coraggio.

A quando il ritorno a una vera sinistra dei diritti?
A quando ci sarà una sinistra, e non solo, laica, senza cattolici integralisti asserviti alle gerarchie vaticane, quando la politica tornerà ad essere una missione nobile, che non guarda ai propri interessi, ma a quelli dei cittadini. Quando la politica si farà cultura, intercultura, diritto, onestà, abnegazione, sostenibilità, civiltà, solidarietà, giustizia. Un orizzonte molto molto lontano!

La battaglia continua e ne vedremo gli sviluppi. Nel frattempo il nostro grazie va a coloro che con disponibilità ed impegno ci aiutano, rispondendo alla nostre domande, nel difficile compito di informare i nostri lettori.

 

 

 

 

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