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HomeNotizieInteressa?Bo Summer’s, the italian gay culture: il de vello gallico

Bo Summer’s, the italian gay culture: il de vello gallico

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Rainbow Flagdi Bo Summer    twitter@fabiogalli61

(con chiaro riferimento ai siti gay di riferimento) Interessa?

 

Per ridere e seriamente, annuncio che non esiste una cultura gay. Esiste una cultura. Punto.

Così come non esiste una sensibiltà gay. Esiste una sensibilità. Punto.

La cultura basata sul genere e sull’identità sessuale è una subcultura di una comunità, e questa comunità è composta da persone che dividono esperienze o interessi in virtù di una comune identità sessuale o di genere.

E fin qui, nulla da eccepire.

A parte qualche irriducibile idealista, nessuno può negare che la cultura non è un macigno sul quale siamo seduti, no, ma piuttosto il mare in tempesta in cui la barca fragile della nostra individualità deve fare i conti con i venti dello Zeitgeist (hops, scusate, lo spirito del tempo), con la nostra stessa contemporaneità.

L’omosessualità è stata a lungo considerata un peccato o una patologia, così l’amore, la socialità, la sensibilità degli uomini e delle donne designati come “omosessuali” stavano al di fuori del recinto del dicibile e del pensabile.

Perlomeno nella tradizione giudeo-cristiana.

Così, per portare alla luce una visione osteggiata e negletta nel corso dei secoli, è stato davvero indispensabile confinarla nel ghetto di una “diversità” rivendicata?

I confini del ghetto sono stati stabiliti dall’esterno o dall’interno?

Sono il filo spinato di un’esclusione?

È la solidarietà che si è creata all’interno di questa minoranza perseguitata ad aver fatto nascere la cultura gay, negli anni ’70 del Novecento?

E noi che bisogno abbiamo di una cultura femminile, omosessuale o delle piante grasse?

La cultura è l’acqua in cui nuotiamo, è l’insieme delle forme di convivenza ereditate, è il frutto dell’immaginazione.

La cultura non può essere scollegata da una condizione storica in divenire dalla visione di due chiappette sode o un corpo da Big Jim.

Eppure troviamo ancora il ghetto del gay per il gay, dell’immagine stereotipata dei corpi esposti del desiderio. O delle macchiette televisive.

L’orgoglio di essere gay non ha a che fare con una presunta cultura gay o con una rappresentazione che non è più, da tempo, parte di una realtà oggettiva. Il gay non è solo quella cosa lì che altri vorrebbero rappresentata.

Se la cultura fosse unicamente il frutto di una rivalsa contro il silenzio, l’annullamento, i campi di concentramento, sarebbe destinata ad esaurirsi nello spazio di una tolleranza raggiunta – mai e poi mai: non vorrei essere tollerato! – e di una serie di diritti acquisiti (ma quanto ne siamo ancora lontani! quanto, cara Signora che mi scrivi: “perché parlate di matrimonio gay? il matrimonio è un diritto per tutti, non può essere solo una vostra causa”).

La cultura gay in Italia, specialmente in taluni siti a tematica frocia, si traduce in chiappette tornite, pettorali scolpiti e varie amenità anatomiche. Ma questo è quello che pensa di noi chi di noi non sa. Chi parla per argomento da scaffale, incasellando e etichettando, rendendo riconoscibilità a ciò che noi stessi non vediamo più come riconoscibile.

Non riconosco la mia cultura in queste fotine d’ammiccamento. È la cultura del ghetto. Personalmente queste cose le cerco da altre parti. In altri luoghi ben deputati.

La filosofa queer Judith Butler afferma che “non si tratta di restare marginali, ma di essere parte in causa di una rete di zone marginali […] che destabilizzano le autorità costituite”.

Destabilizzare restando irriconoscibili. La cultura dovrebbe essere dunque un’occasione per aprire gli orizzonti, smuovere le etichette, ridefinire le categorie (a volte dolorosamente strette) che abbiamo ereditato, credendole “naturali”.

Non a caso le nostre identità definite proprio dalle culture eterosessuali occidentali, basate proprio sulla sessualità, hanno seri difetti e, dal momento che non c’è spazio nella cultura tradizionale per discutere di queste mancanze, di queste variazioni sul tema, alcune persone rigettano queste identità, spesso rinnegando i propri bisogni culturali trasversali dal momento che la loro identità sessuale potrebbe essere classificata in maniera erronea. Costruendosi attorno, appunto, una cultura del ghetto.

Ma non tutte le persone con varie preferenze sessuali e di genere si identificano o affiliano con una subcultura; per motivi di distanza geografica, ignoranza della sua esistenza, paura dello stigma sociale, o mera preferenza personale di restare non identificati.

Per migliaia di anni in tutto il mondo uomini e donne hanno desiderato l’intimità fisica ed emotiva con persone dello stesso sesso,  arrivando alle attuali rivendicazioni dei diritti delle comunità gay, rivelando nelle diverse culture l’incredibile varietà di rapporti fra persone dello stesso sesso lungo la storia dell’umanità e ovunque nel mondo.

E questo è tutto un altro discorso, decisamente più serio. Sessualità e cultura, sì. Non cultura gay.

Tutto parrebbe terribilmente vero, semplice, ma la cultura gay si sta trasformando in cultura queer (bizzarra, trasversale, fuori-norma): la diversità erotica sta diventando il grimaldello con cui mettere in discussione la cultura stessa attraverso altri confini che si credevano immutabili. E sarebbe il momento, sì, di premere un po’ di più sull’acceleratore per non restare ancora nello scaffale della cultura gay.

Era già ben visibile in Forster o in Pasolini, in Jean Sénac o Virginie Despentes, una cultura di minoranza, questo sì, non cultura gay (Pasolini si rivolterebbe nella tomba, e anche R.W. Fassbinder non avrebbe il sonno eterno tranquillo), che ha liberato la parola e gli atti di una cultura non convenzionale e che interroga, oggi, ancora, purtroppo, le differenze troppo rigide tra maschile e femminile, tra attivo e passivo, tra maggioritario e dissidente.

Una costruzione di linee identitarie in cui riconoscersi, multiple e davvero negoziabili, che dovrebbe aprire la strada a nuove solidarietà e nuovi modelli comunitari.

Una nuova cultura che dovrebbe essere trasversale, né gay né etero, ma interscambio, se possibile. Grazie.

Questo, cari siti di cultura gay che ogni tanto pubblicate un articoletto di cultura gay, che mostrate le chiappette tornite o i petti villosi per avere lettori. O guardoni gay. Non ho ancora ben capito.

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