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AIDS lo scandalo del vaccino italiano

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aidsdi Bo Summer  twitter@fabiogalli61

Da qualunque punto di vista la si guardi, l’intera questione mi sembra banale dal momento che non credevo allora, come non credo ora, che esista un grammo di logica (né di dati) che indichi nella Tat un possibile efficace vaccino. Robert Gallo (dalla Prefazione)

La cosiddetta “scoperta” italiana del secolo: il vaccino contro l’Aids.

Il 24 ottobre 1998 i principali quotidiani italiani riprendono con enfasi l’annuncio fatto il giorno prima dalla ricercatrice dell’Istituto superiore di sanità Barbara Ensoli durante il Simposio internazionale su AIDS e cancro.

Da allora decine di milioni di euro sono stati stanziati dallo Stato italiano per sostenere il progetto di un vaccino contro l’Aids – basato sulle proprietà della proteina Tat – illudendo milioni di persone che la cosiddetta “peste di fine millennio” stesse per essere definitivamente sconfitta.

Dopo quindici anni nessun vaccino italiano contro l’AIDS è apparso all’orizzonte, mentre la sperimentazione prosegue anche in Sudafrica, nonostante le numerose critiche provenienti dal mondo scientifico internazionale.

Da questa rigorosa inchiesta condotta tra medici, scienziati e politici emerge una realtà segnata da paure, interessi economici, protezioni politiche, intrecci familiari e affari internazionali.

Quattordici anni e molti altri annunci dopo, esce un libro, “AIDS – Lo scandalo del vaccino italiano” (Feltrinelli) che getta pesanti ombre sulla fondatezza scientifica dei risultati ottenuti dalla Ensoli e lamenta uno sconsiderato esborso di denaro pubblico per sostenerne la ricercaL’ha scritto Vittorio Agnoletto, medico, fondatore e a lungo presidente della Lila (Lega italiana per la lotta contro l’AIDS) con la collaborazione del giornalista Carlo Gnetti.

Che non si tratti di una disputa fra scienziati in punta di fioretto lo si capisce fin dalla prefazione.

E comunque, fin dal 2000 si va precisando che i vaccini Tat (quello italiano non è il solo, ce n’è un altro, americano) non sono veri vaccini. Lo afferma, per esempio, Ferdinando Aiuti, maestro della Ensoli e, all’epoca, uno dei massimi esperti in materia: “Sia il vaccino della Ensoli, sia quello di Letvin non danno una protezione per la malattia ma potranno essere utili per i sieropositivi”.

Seguono lettere di protesta all’Iss e al ministro della Salute (all’epoca Francesco Storace), repliche, controrepliche e una denuncia della Ensoli contro Aiuti, che si risolve molti anni più tardi a favore di Aiuti.

Obiezioni sul modo in cui sono state condotte le sperimentazioni anche dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che riscontra “sette deviazioni critiche e tre deviazioni maggiori” nel percorso di sperimentazione.

La sperimentazione, comunque, va avanti, anche se al rallentatore: è solo nel luglio 2008 che l’Iss, annuncia l’avvio della seconda fase del “programma di sperimentazione del vaccino basato sulla proteina Tat” ma dalla lettura dei documenti ufficiali, però, emerge un diverso obiettivo della ricerca: non più un vaccino che immunizzi dal virus ma un vaccino terapeutico, destinato a potenziare le difese delle persone sieropositive contro le infezioni già contratte.

“Tutto ciò” scrive Agnoletto “autorizza a pensare che il vaccino Tat preventivo inizialmente sperimentato sia fallito, e questo confermerebbe quanto aveva già sostenuto Robert Gallo”.

 

Il resto di questa storia sta nel libro, che siate sieropositivi o no, è interessante. Davvero. Io non racconto altro.

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