di Emilio Campanella
A Venezia, alle Gallerie dell’Accademia, sino al 2 aprile 2018, la nuova irrinunciabile, colta, intrigante,imperdibile, stimolante, affascinantissima mostra temporanea, curata da Fernando Mazzocca, Paola Marini, Roberto de Feo. Una esposizione storica che attraverso i tre grandi nomi del titolo, e molti altri, fa il punto sulla vita dell’istituzione, a duecento anni dalla sua costituzione, ricordandone i motivi legati al ritorno delle opere requisite-razziate da Napoleone.
La manifestazione si pone come lavoro di studio in attesa del definitivo riallestimento del primo piano del museo, e si tratta di una scelta legata ad attività di ricerca, valorizzazione e restauro, tanto degli spazi come delle opere delle Gallerie stesse. Ancora una volta, meritoriamente, una mostra legata alla città ed al luogo specifico. L’arco temporale preso in esame va dal 1815, al 1866 sotto il governo austriaco, e l’inizio del percorso espositivo parte dal ritorno delle opere a Venezia: il Leone, che a Parigi era di fronte a Les Invalides, ed i Cavalli di S. Marco, sull’ Arc du Carrousel, per cominciare. Una storia vicina ebbe l’Accademia di Brera che però, venne costituita nel 1802.
Altra sezione importante, riguarda la morte di Canova, un nome di lustro per il rapporto con l’antico e per il sostegno ai giovani artisti. Il ferrarese Leopoldo Cicognara, visse poco nella sua città di origine, ed a lungo, invece, a Milano dove svolse intensa attività politica ed ebbe non pochi contrasti con Napoleone stesso. Nel 1808 licenziò un trattato storico sulla scultura e da quell’anno fu Direttore dell’Accademia di Venezia, difendendo un patrimonio sempre minacciato, quasi che Venezia dovesse essere continuamente punita per il suo glorioso passato. Canova dal 1802 era conservatore delle opere della Chiesa, carica che fu, secoli prima, di Raffaello. Cicognara comprese l’importanza di proiettarsi verso il futuro promuovendo fra gli altri, un talento come quello di Francesco Hayez, veneziano che fu anche a Roma , il quale rispose a quelle esigenze e fu protetto da Canova ed anche da Cicognara, compiendo quel passo determinante dalla scultura alla pittura e dal Classicismo al Romanticismo. Si iniziò, al contempo, la valorizzazione di quelle che oggi definiamo arti applicate. Importanti i rapporti con la letteratura. Una piccola e raccolta sala è infatti dedicata a George Byron, che fu a Venezia dal 1816 al 1819. Non mancano importanti riferimenti alle mondanità del salotto/cenacolo di Hayez ed ai rapporti con la letteratura, infatti da testi di Byron come Marin Faliero ed I due Foscari, attraverso le interpretazioni di Hayez, si giunge successivamente alle opere liriche di Gaetano Donizetti e Giuseppe Verdi.
Altro punto di vista importante di una mostra molto sfaccettata e fruibile a molteplici livelli, riguarda il tributo-dono di nozze per l’Imperatore Francesco I e l’Imperatrice Carolina Augusta. Avvenne creando una “lista di nozze” di assoluti capolavori realizzati per l’occasione a dimostrazione dell’alto valore delle maestranze artistiche veneziane. Collegato a questo una mostra di quelle opere create per gli augusti sposi, e che qui si ricrea, radunandoli dopo molti decenni, insieme con le pubblicazioni che le riproducono, veri e propri cataloghi antichi. Due copie, una per ognuno degli sposi, ovviamente, edite e con sontuose coperte decorate con la riproduzione in rilievo di due temi canoviani: La danza dei figli di Alcinoo e Le Grazie e Venere danzano davanti a Marte, per l’imperatrice e l’opera riproducente il cameo Zulian con la rappresentazione di Giove Egioco, (II sec.d.C. Museo Archeologico Nazionale, Venezia), presente in mostra, per l’Imperatore, entrambe le opere omaggio delle province venete. Si trattò integralmente di opere di artisti veneziani viventi che lavoravano all’Accademia. L’esposizione avvenne nella sala del Capitolo.
L’attuale mostra riprende e celebra quella, il più possibile da vicino. La Musa Polimnia di Canova ( 1812-1817, Vienna, Hofburg), è la vera star di questa esposizione, al centro di una delle sale più belle – ed è difficile dire quale in generale lo sia meno, siccome sono tutte accurate ed interessantissime – con molte opere di scultura che la circondano. Rimase esposta, allora, un intero anno. Di questa magnifica statua si conoscono le vicissitudini decisamente complesse e “letterariamente” appassionanti dovute all’asse ereditario che la fece passare successivamente da Elisabeth (Sissi), via Mayerling e fino ad Hitler nel 1943; venne recuperata dagli americani nel 1945 e restò a Monaco finché il governo tedesco non la “donò” alla Repubblica Austriaca nel 1964-1965.
Tornando indietro nel tempo, ritroviamo Cicognara stesso che portò tutti i lavori a Vienna. Le pareti riproducono i colori originali dell’esposizione antica. Duecento anni dopo, i pezzi creati tornano nel luogo dove furono realizzati e da dove partirono. Il catalogo edito da Electa e Marsilio contiene molti saggi, illustrazioni ed una messe di informazioni storiche che stanno alla base dell’esposizione cui farà seguito, nel mese di novembre, un importante convegno.
A conclusione, è importante dire che una visita accurata a tutto il museo, sarà molto consigliabile, siccome specifici cartellini sono stati posti accanto alle opere ritornate a Venezia, dopo il “rapimento”.
(2 ottobre 2017)
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