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#Visioni di Mila Mercadante: Impuissants/Indifesi, Indifendibili/Indéfendables

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Parigi 14 novembre 2015-00di Mila Mercadante   twitter@Mila56170236

 

 

 

 

La ville lumière tutto a un tratto ha abbassato le luci e le strade si sono trasformate in infermerie, l’aria squassata dal monito delle sirene, come in quei posti dove c’è sempre una guerra, posti abbastanza lontani da non farci tremare i polsi e piangere a dirotto quando muoiono i bambini, ma abbastanza vicini per farci sentire che c’è qualcosa di grosso che non funziona, e che sarebbe il caso di agire per il bene, per ritrovarlo, ‘sto bene, perché la si faccia finita con i tagliagole e le bombe e con tutte quelle fazioni pagate e mantenute per scannarsi tra loro, neanche si trattasse di partite di calcio o di rugby, di squadre pagate da ricchi presidenti che vogliono guadagnarsi il campionato, il titolo mondiale.

 

A vedere quei morti e quei feriti colpiti in una metropoli come Parigi pare che il nostro mondo si sbricioli, ci si sente perduti, si ha voglia di trovare una postazione sicura, ma non ce n’è. Adesso si vede bene che siamo indifesi e indifendibili. Se esistono ragazzi giovanissimi disposti a credere che passeranno alla storia per aver sfasciato centinaia di vite serene scelte a casaccio, se ci sono ragazzi impigliati con la testa e con il corpo nelle parole di chi predica furore, al punto da averne abbastanza per farsi saltare in aria, allora sì che siamo indifendibili.

 

Di questi tempi sono due le industrie che funzionano molto meglio di tutte le altre: l’industria delle armi e quella farmaceutica. Questa guerra ormai non esclude alcun mezzo di combattimento, comprende tutte le forme strategiche possibili, anche le più vili, come il terrorismo. Essa avrà un carattere sempre più settoriale, territoriale, limitato, e ogni legittima rivolta così come ogni illegittimo attentato aggraveranno la repressione. Proseguendo su questa strada i conflitti non si risolveranno mai. Essi non sono basati sulla contrapposizione tra un rozzo nazismo travestito da fondamentalismo religioso e la democrazia, bensì sui rapporti di forza tra i paesi industrializzati e quelli che non lo sono.

 

La violenza esige delle spiegazioni, e le spiegazioni si possono trovare solo in un’analisi seria e approfondita dei rapporti tra l’Occidente e il Resto del Mondo e delle loro drammatiche conseguenze. Sì, il concetto è stato talmente reiterato da diventare luogo comune, eppure non possiamo pensare di attenere ai cambiamenti sociali globali se trascuriamo di integrarvi i processi politici ed economici di cui siamo tutti parte integrante. E’ l’incoscienza storica che produce risultati sempre uguali – se non peggiorie sempre a beneficio del mero controllo sociale e dell’essenza guerresca del nostro sistema. Un’inversione di tendenza si potrebbe verificare se vi fosse un reale interesse a perseguire obiettivi di giustizia e di uguaglianza sociale, ma anche ad abbandonare una volta per tutte le ambiguità che sono sotto gli occhi di tutti e che minano pericolosamente la credibilità di coloro che muovono i fili e che prendono decisioni. In un articolo di Giuliana Sgrena su Il Manifesto i rapporti dell’Europa e degli Stati Uniti con la Turchia e con l’Arabia Saudita sono aspramente criticati: tali relazioni contraddicono nei fatti l’intenzione di combattere senza se e senza ma il terrorismo. Questo è solo un esempio – l’ultimo in ordine di tempo – dei molti errori che hanno fino ad oggi caratterizzato la contraddittoria politica estera occidentale che ha esaurito ogni discorso, che non è guidata da statisti con lo sguardo lungo. Le grandi sale dove si siedono i potenti hanno l’aria di sale scommesse dove si prova a sfidare la sorte. Ci sarebbe tutto un ventaglio di possibilità per farcela, si potrebbero impiegare i prossimi anni per trasformare l’inferno in purgatorio, almeno in purgatorio!, ma gli esperti, i filosofi e gli economisti che dispensano avvertimenti e consigli coi loro libri e i loro discorsi li si tratta come si trattano i romantici, tipi umani infervorati dall’estetica della giustizia, disoccupati persi nelle rimostranze.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(15 novembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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