di Daniele Santi
Kim Davis, la cristianissima americana che in nome del suo dio ha rifiutato di seguire le leggi dello stato americano e per questo è finita in gattabuia, è stata celebrata come eroina alla sua uscita dal carcere, con tanto di palcoscenico, croce bianca bene in vista e candidato repubblicano alla presidenza a stelle e strisce a sfruttarne il benefico fluido per accaparrarsi i voti di coloro che stanno ancora più a destra del Tea Party, trasformandola in eroina.
Ma Kim Davis non è un’eroina: è un’invasata integralista che in nome di un dio che vede solo lei ha deciso di fregarsene delle leggi dello stato per imporre la sua legge, quella che lei chiama fede e non fanatismo, una legge che non riconosce pari diritti agli uomini. Celebrarla come un’eroina significa avvallare le scelte folli di tutti coloro che in nome di un dio decidono di fregarsene degli uomini: islamisti dell’Is inclusi. Se avesse rifiutato la licenza matrimoniale ad una coppia di neri? Ad una interrazziale? Ad una di immigrati islamici? Che reazione avrebbe avuto l’Ameirca tuttta? Il candidato repubblicano alla Casa Bianca avrebbe avuto la faccia tosta di farsi fotografare accanto a lei che, braccia al cielo, sta dicendo “grazie o dio io sono nel giusto perché me lo hai detto tu” e tutti ad applaudire, gridare e prostrarsi?
Non sarà mai detto con troppa enfasi che non c’è sentimento religioso laddove c’è disprezzo dell’essere umano, di ogni essere umano, e che ogni manifestazioni di integralismo del singolo non è che una proiezione di una mente distorta, di idee malate e di sindromi d’onnipotenza che mecessitano di cure psichiatriche, non di primi piani mediatici. L’integralismo cattolico di troppi americani rende, ahinoi, gli USA troppo simili all’Iran ed agli integralismi che presumono di combattere.
(10 settembre 2015)
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