di Daniele Santi
L’Onda Pride, meno male non l’hanno chiamato Tsunami Pride, scatenerà tutta la sua potenza di fuoco [sic] in sei città italiane, da nord Milano, Torino e Bologna, a sud (Palermo), passando per Perugia e Cagliari: sei manifestazioni allegre e gioiose e pregne di rivendicazioni che tutti gli anni promettono miracoli, lotte e sfracelli: con quali risultati lo vediamo tutti. E che anche quest’anno faranno la stessa cosa.
Anche in questo sabato 27 giugno, come da più di vent’anni, si sfilerà per la strade delle città italiane, divise per parrochia, cioè per associazione, cercando di ottenere risultati migliori dell’altra città in termini numerici, perché solo su quelli ci si può basare, essendo l’assoluta insipienza politica il tratto unificante di troppe cellule legate al tristo associazionismo LGBTQerressetiuvizeta. Mai come in questo momento in cui ci sarebbe stato bisogno di una manifestazione capace di portare in piazza due milioni di persone per dare una spallata a certi integralismi faziosi, viscidi, arroganti e falsi, si sente la mancanza di un’unità sempre disponibile a crearsi a parole (sotto il cappello di questa o quell’associazione nazionale), ma impossibile a trovarsi causa rissosità, primadonnismi, varie radicalità, incapacità di comprendere i processi politici.
Il 26 giugno la Corte Suprema statunitense ha detto il suo “sì” al matrimonio egualitario: un “sì” che è stato possibile da un’azione di lobbying politica senza che nessun membro del potente associazionismo LGBT statunitense abbia sgomitato per farsi eleggere in Parlamento pensando che in quel luogo poteva fare meglio il suo lavoro. Stessa cosa in Irlanda, dove chi ha lavorato per il matrimonio egualitario non si è preoccupato della sua carriera futura, ma del risultato da ottenere.
L’Italietta delle Dive del Cinema alla testa del movimento gghèi invece si muove pensando con gli inutili presidentelli del patetico associazionismo che non riesce a parlare nemmeno alla maggioranza dei suoi tesserati, presidentelli che lavorano non per il presente di tutti – cioè per portare a casa leggi – ma immaginandosi seduti su una qualche poltrona, in nome del loro presunto impegno: e non dei risultati.
E buon Gay Pride a tutti.
(27 giugno 2015)
©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata
Iscrivetevi alla nostra newsletter (saremo molto rispettosi, non più di due invii al mese)