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“Attivi!” di Tito Gaudio: L’Italia non è un Paese per donne

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Hillary Clinton 00di Tito Gaudio

L’8 marzo di ogni anno è la Giornata internazionale della donna, in cui si ricordano le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma soprattutto le discriminazioni e le violenze cui sono oggetto ancora oggi. Una giornata in cui si dovrebbe anche riflettere sui diritti delle donne e sulle pari opportunità tra queste e gli uomini. A tal proposito l’associazione Openpolis ha pubblicato recentemente un’interessante report sull’uguaglianza di genere nella politica, nelle imprese e nel lavoro. I dati diffusi in questo report sono preoccupanti.

Nella politica sono stati fatti passi avanti per quanto riguarda la presenza femminile: di tutti i Governi che ci sono stati finora, quello attuale è l’unico in cui il numero di Ministre sia uguale al numero di Ministri. Anche la percentuale di donne in Parlamento non è mai stata così alta come ora. Tuttavia le disparità sono ancora tante. Per esempio, nonostante la perfetta parità tra i Ministri e le Ministre, se si prendono in considerazione anche viceministri e sottosegretari la percentuale di donne al Governo scende a solo il 27%. Questo perché i 9 viceministri sono tutti uomini e tra i sottosegretari la presenza femminile è inferiore al 30%. Anche in Parlamento, nonostante le donne siano centinaia, solo pochissime hanno incarichi importanti: tra i 4 vicepresidenti della Camera c’è solo una donna e solo 3 Commissioni su 28 sono guidate da una donna. Inoltre sono di genere femminile solo il 37% dei Parlamentari europei, il 31% dei Deputati e il 28% dei Senatori. Tra i Senatori a vita la percentuale di donne è addirittura inferiore, uno striminzito 17%. Anche nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni le donne sono sottorappresentate. Solo 2 Regioni su 20 sono guidate da una donna. Sono di genere femminile solo il 13% dei Sindaci e a malapena l’11% dei Presidenti di Provincia. Infine sono uomini la stragrande maggioranza degli Assessori e dei Consiglieri di Regioni, Province e Comuni. Un dato molto interessante è che le donne presenti nelle Istituzioni regionali, provinciali e comunali si trovano per la maggior parte nel Nord Italia: nel Centro e nel Sud le donne elette o nominate sono molto poche.

Per quanto riguarda le imprese, anche in questo ambito la presenza di donne ai livelli apicali è molto scarsa. Solo il 5% delle Società quotate in Borsa a una Presidente donna, invece di un Presidente uomo. I membri dei CdA sono per la stragrande maggioranza di genere maschile: il 76% di uomini contro il 24% di donne…e questo nonostante la legge 120 del 2011 dica che almeno il 33% dei membri dei CdA debba essere di genere femminile. Anche per quanto riguarda i dirigenti le donne sono in  netta minoranza, rappresentando solo il 29% del totale. Infine la parità tra uomini e donne è molto lontana anche nella Pubblica Amministrazione: meno di un terzo dei Segretari Generali, dei Capi Dipartimento e dei Direttori Generali sono donne.

Se andiamo a considerare il mondo del lavoro la situazione della popolazione femminile è ancora più ingiusta e preoccupante. In Italia, come in tutti gli altri Paesi europei, le donne si laureano molto più spesso degli uomini: ogni 100 uomini con la laurea ci sono 156 donne che hanno completato l’università. Nonostante studino molto di più (e quindi siano anche più informate, preparate e competenti), le donne hanno più difficoltà a trovare lavoro. Il tasso di disoccupazione è più alto tra le donne che tra gli uomini: 13,1% contro 11,5%. Inoltre esse sono più soggette alla precarietà: il 14,2 % delle lavoratrici ha un lavoro precario, contro il 12,4 dei lavoratori. Come se tutto questo non bastasse, le donne che lavorano hanno uno stipendio più basso dei loro colleghi con la stessa mansione. La differenza salariale è di ben 7,3 punti percentuali e con la crisi economica è aumentata.

Dietro questi freddi dati ci sono le vite di milioni e milioni di donne. Donne che dedicano molto più tempo degli uomini a studiare e formarsi, ma che vengono “ripagate” con più disoccupazione, più precarietà e meno stipendio. Donne che hanno anche più difficoltà a fare carriera e ad arrivare alle posizioni dirigenziali delle imprese. Donne che non sono adeguatamente rappresentante nelle Istituzioni e nella Politica, “luoghi” dove il genere femminile è scarsamente presente e ha più difficoltà ad “entrare”.

La Giornata internazionale della Donna dovrebbe servire a riflettere sulle condizioni di vita della popolazione femminile; non è semplicemente una festa…anche perché vedendo la situazione attuale non c’è niente da festeggiare. Personalmente inizierò a festeggiare l’8 marzo quando le donne avranno le stesse opportunità degli uomini di trovare lavoro, di fare carriera, di guidare un’azienda o una Nazione intera; quando esse avranno gli stessi stipendi e le stesse pensioni dei loro colleghi; quando esse avranno la possibilità di essere madri, mogli e lavoratrici contemporaneamente; quando esse non verranno ricordate solo un giorno all’anno, ma sempre; quando, infine, anche gli uomini lotteranno fianco a fianco alle donne, per i diritti e le pari opportunità. Fino ad allora non festeggerò, perché fino ad allora l’Italia non sarà un Paese per donne.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(9 marzo 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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