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Arresti di dissidenti in Russia, a Salvini interessa?

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Matteo Salvinidi Iosonodio

Date le numerose frequentazioni russe che l’anticomunista [sic] e dichiarato lepenista Matteo Salvini, neoleghista dell’ultima ora con un occhio alla CGIL, uno alla presidenza del Consiglio ed il terzo (tutti i saggi hanno il terzo occhio) alla Corea del Nord, l’uomo che riesce ad essere razzista, xenofobo ed omofobo allo stesso tempo, avendo un responsabile dell’immigrazione nero ed africano, e che ha il dono dell’ubiquità riuscendo ad essere a Bruxelles e da Lilli Gruber contemporaneamente, insomma da un genio del suo calibro, ci saremmo aspettati almeno due parole in tempi di festa e di sacre famiglie – il cattolicissimo Salvini così impegnato a salvare la famiglia in pericolo – sull’ennesima bravata del Vladimiro russo che arresta e pesticchia inventicchiandosi, pare, accuse di frode per imprigionare i dissidenti, tal Navalny tra gli altri, popolarissimo in patria, con centinaia di migliaia di persone disposte a rischiare le palle (proprio quelle) per la democrazia nel paese.

Salvini, uomo saggio, invece tace: non condanna, non parla, non scrive, non telefona, non dice nulla. Rimaniamo basiti perché da un uomo così attento alla natura democratica delle cose – le frequentazioni politiche lo confermano – ci saremmo almeno aspettati un verbo di condanna, un battutone tipo “Vladimiro stai attento che così esageri!”. Invece niente.

Che un po’ dispiace; che uno un po’ ingenuo – io – si aspetta che essendo bravo a far tutto Salvini, primariamente (è un ispanismo, scusate se è poco…) specializzandosi nell’equilibrio politico riuscisse anche a condannare pubblicamente le azioni di Putin senza dire niente, che è proprio ciò che fa quando pretende di parlre di politica e di soluzioni per l’Italia…

Si capisce, si narra di donne russe – popolane – mischiate alla polizia per prendere a randellate i dissidenti concetto di autodifesa che ricorda da lontano, ma nemmno troppo, le ronde padane che pretendevano di pattugliare il territorio con il rischio di farsi giustizia (in-giustizia) da sole e sulle quale il bravo Salvini ha preferito stendere un pietoso velo, lanciato com’è sul terreno della nuova politica lepenista, leghistanazionale, postsovietica, filocgil e coredelnordammiratista.

Lo dicevamo. Un genio che sa quando tacere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(5 gennaio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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