di Giovanna Di Rosa
Il 7 gennaio il primo ministro turco Erdoğan si è preso la briga di spostare 350 poliziotti appartenenti ad unità specializzate in terrorismo, intelligence, criminalità organizzata, reati finanziari e traffici illegali di varia natura ad altro incarico. Tra loro il vicecapo della polizia di Ankara.
Una mossa che non farà bene al capo del governo Erdoğan, perché l’Esercito turco guarda e tace, ma non tace in eterno.
Erdoğan, a capo del governo e del partito di governo, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (Akp) che si potrebbe ribattezzare Partito dell’Ingiustizia e della Repressione, visto l’andazzo dei Diritti Umani nel paese e la velocità con cui Erdoğan mette il bavaglio a chi indaga sul suo governo – e su uno dei suoi figli, dicono i maligni.
Nell’ultimo mese sono stati centinaia i funzionari di polizia riassegnati a diversi incarichi: tra loro anche il capo della polizia di Istanbul. La loro colpa? Avere appoggiato e condotto le indagini su una complessa storia di corruzione che ha portato all’arresto dei figli di alcuni ministri del governo Erdoğan in una operazione che il Primo Ministro dal pessimo carattere e dalla concezione “familiare” del potere ha definito un complotto per farlo fuori.
Secondo il Primo Ministro che delegittima le Istituzione gli arresti sono stati eseguiti da una “banda criminale” spinta da un “complotto organizzato all’estero” che ha l’obiettivo di creare “uno stato nello stato”.
Un vero statista.
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