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Russia, o della pianificazione della distruzione della comunità LGTB

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Russia Torturadi Daniele Santi

La notizia l’abbiamo data nella mattinata di venerdì, ne eravamo al corrente, da ieri mattina, ma non eravamo sicuri delle nostre fonti così che abbiamo aspettato che altre testate straniere la pubblicassero. Ed è una notizia orribile che riguarda la pianificazione della tortura, assassinio, vessazione della comunità LGTB russa sotto gli occhi disinteressati, anche se interessatissimi, di una Duma più fascista che ai tempi di Stalin e di Putin più stalinista dei suoi predecessori.

La pianificazione in corso è stata data in appalto agli ultranazionalisti skinheads che fanno capo a Maxim Martstinkevich che con il complice silenzio di quel che rimane della autorità del paese impegnate nella rinascita del grande sogno della Madre Russa a base di ortodossia religiosa e moderna dittatura del proletariato vintage, hanno creato commandos in ogni città che attraverso internet ed in particolare il social network VK.com, si occupano di adescare giovani gay per poi torturarli filmandoli, e piazzando quindi il video su Internet.

Simone Alliva, giornalista, (@SimoneSashaAlli) ha postato oggi sul suo profilo Facebook alcune righe di grande intelligenza che riportiamo qui sotto

Ci si sente morire a leggere certe notizie. Il crinale tra il nostro paese e la Russia è sottile e delicatissimo, come ciascuno capisce. Delicatissime, e politicamente molto rilevanti, sono le decisioni che prenderà questo parlamento nei prossimi giorni, nei prossimi mesi. È una forma di violenza (e di paura: sempre nella violenza c’è la paura della propria debolezza) quella di chi cerca in ogni modo di impedire una legge contro l’omo-transfobia. Non discutono, rimandano o bloccano con motivazioni imbecilli. Hanno paura di perdere voti, poltrone. Provano in ogni modo, con emendamenti tampone che puntano solo a far passare la nottata per arrivare a quel momento non così lontano in cui si potrà ridiscutere daccapo, come se nulla fosse accaduto perché è proprio così: ogni giorno tutto sembra accadere e nulla accade mai.

Non è stata l’unica reazione sdegnata alle notizie che vengono dalla Russia, anche il blog Italian Way of Lie ha pubblicato alcune righe che vale la pena riportare ringraziando l’autore Diego Tomba  che ci ricorda le radici intolleranti e dittatoriali del gigante asiatico che nella sua lunghissima storia non ha mai conosciuto la democrazia, se non per brevi periodi.

L’omofobia in Russia è il prodotto di una pressione culturale realizzata grazie a un intreccio stretto fra istituzioni politiche e istituzioni religiose, sin dal lontano 1933 quando Stalin fece approvare il famoso decreto 121, che rendeva l’omosessualità un crimine punibile con il carcere e i lavori forzati. Bisognerà aspettare il 1993 per vedere l’abrogazione di questo articolo. Ancora oggi la Chiesa Ortodossa definisce l’omosessualità una piaga sociale (o, anche recentemente, con espressioni ancora peggiori) e la sua influenza popolare è ancora estremamente forte in Russia (sebbene lo scarto fra chi si definisce ortodosso o gli ortodossi praticanti sia sempre maggiore).

L’escalation di leggi contro la propaganda omosessuale, iniziata nel 2006, può essere sembrata niente più che un pallido riflesso dell’omofobia pre-1993, niente più che un divieto per le persone omosessuali di essere troppo appariscenti (una legge che probabilmente piacerebbe a tutti i nostrani critici del Gay Pride). Ma i fatti dimostrano che si tratta di un’impressione sbagliata, ingenua o malevola: le continue violazioni dei diritti umani fondamentali ai danni della comunità LGBT dimostrano quanto sia funzionale per le istituzioni russe la vaghezza della formula “propaganda omosessuale”. Ma soprattutto, è un impressione che nasconde il profondo impatto culturale di queste leggi, che cristallizzano un senso comune alla base dell’arroganza del potere nel portare avanti la sua azione inumana. Una prova agghiacciante di tutto ciò è la caccia all’uomo, al nemico interno che si è realizzata recentemente, accompagnata dal terribile silenzio delle istituzioni e della popolazione.

Nel suo bell’intervento Diego Tomba, come già ha fatto Simone Alliva, e come anche noi avevamo intenzione di fare, si sofferma su alcuni legami sottili, ma inquietanti, tra la vicenda russa e quelle italiane, che potete leggere nel suo articolo.

Per quanto ci riguarda, abbiamo scritto per il blog Diario di Adamo di Vanity Fair, un pezzo sulla Legge contro l’Omofobia, ed abbiamo notato con sconcerto come l’attacco all’omosessuale, uomo o donna che sia, sia quasi sempre gratuito, non documentato, basato sulla “pancia” (che è il metodo con cui gli Italiani vanno a votare, magari rifletterci farebbe anche bene) e condito di scariche d’ira ingiustificate e di una disinformazione plateale.

Continuamo a dire che anche ai tempi degli Ebrei c’era chi pensava che in fondo “questa gente un po’ di colpa ce l’avesse”; la scrittrice Marguerite Yourcenar nel libro in cui viene intervistata da Matthieu Galey ricorda l’indifferenza della Francia davanti alle deportazioni e al Nazismo che avanzava, una Francia che “continuava a stare nei caffè come se niente fosse”.

L’indifferenza per paura, per vigliaccheria, per superficialità è ciò che ci fa paura più di ogni altra cosa. A questo bisognerà porre rimedio con i nostri poveri mezzi.

Come noterete dalla foto che pubblichiamo, di fronte a tre ragazzi pestati che piangono, i due poliziotti se la ridono. Questa è giustizia? Questa è libertà sociale? Questa è umanità?

 

 

 

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