di Alfredo Falletti
Cerchiamo di capire la frase “fare finta di niente”.
Innanzitutto c’è un “fare” e quindi una azione consapevole e volontaria. Poi c’è un “fingere” e quindi un nascondere qualcosa o nascondersi da qualcosa di cui si sia consapevoli stia accadendo (anche perché non ci si nasconderebbe da qualcosa di cui non si sia coscienti). E poi c’è la parte peggiore di quella espressione, quel “niente” che annichilisce, sminuisce, nasconde soprattutto a se stessi ed in piena consapevolezza quel che stia accadendo.
Il comune denominatore di queste poche azioni è la “consapevolezza” e quindi la coscienza di quel che stia accadendo e che arriverà al suo buon fine senza che si faccia alcunché per evitarlo o più esattamente si farà finta di niente ben sapendo che “niente non lo è affatto”.
L’alternativa è non rendersene conto o non comprendere quel che sia in fieri o, ancora, non avere la capacità di valutarlo e questa alternativa è la preferita da chi è l’autore di ciò che accade, o ne sia il promotore insieme ai suoi complici e favoreggiatori: perché quel che avanza subdolamente sotto traccia, invisibile o peggio visibile, ma non visto da chi faccia omertosamente finta di niente, riesce ad avanzare sempre più rapidamente fino ad arrivare al centro di un sistema vitale; un cancro con le sue metastasi delle quali si riscontrano gli effetti quando la lotta da ingaggiare sarà per la sopravvivenza e comunque devastante anche per la parte sana di quel corpo colpito.
Una sintesi che chiarisce ogni dinamica di tutto ciò la si trova in un botta e risposta tra Enzo Biagi e Primo Levi: “Signor Levi, come nascono i lager?”
“Facendo finta di niente” fu la risposta.
(7 luglio 2025)
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