di Daniele Santi
“Il valore della vita umana, che sembra aver perso ogni significato a Gaza, dove viene gravemente calpestato con disumane sofferenze per la popolazione, richiede di evitare di porre a rischio l’incolumità di ogni persona” aveva scritto il presidente della Repubblica. “A questo scopo e al fine di salvaguardare il valore dell’iniziativa assunta – valore che si è espresso con ampia risonanza e significato – appare necessario preservare l’obiettivo di far pervenire gli aiuti raccolti alla popolazione in sofferenza. Mi permetto di rivolgere con particolare intensità un appello alle donne e agli uomini della Flotilla perché raccolgano la disponibilità offerta dal Patriarcato Latino di Gerusalemme – anch’esso impegnato con fermezza e coraggio nella vicinanza alla popolazione di Gaza – di svolgere il compito di consegnare in sicurezza quel che la solidarietà ha destinato a bambini, donne, uomini di Gaza”.
“Abbiamo ricevuto la proposta di mediazione, da parte del Presidente Mattarella, di accettare di deviare la nostra rotta e di portare gli aiuti a Cipro. Non possiamo accettare questa proposta perché arriva per evitare che le nostre barche navighino in acque internazionali con il rischio di essere attaccate”. E’ questo il videomessaggio, citato dai media nazionali, di Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana della Global Sumud Flotilla, la flotta internazionale composta da 44 navi di 44 paesi, che sta portando aiuti umanitari ai civili palestinesi. La Flotilla ha poi ripreso la navigazione.
Secondo gli attivisti “il nodo legale” è il fatto che nessuno chieda a Israele di non attaccare, “una questione sostanziale che è anche all’origine del fatto che, fino a ora, la stessa entità che ha creato questo corto circuito, cioè Israele, sta commettendo un genocidio senza che nessuno dei nostri governi abbia ancora avuto il coraggio di porre delle sanzioni, porre un embargo sulle armi, chiudere almeno parte dei rapporti commerciali”.
Era stato Israele a proporre una soluzione secondo Israele
Un porto israeliano, il più vicino a Gaza, per far sbarcare gli aiuti che la Flotilla trasporta che sarebbero stati trasportati portati nella Striscia di Gaza con la mediazione del Patriarcato latino di Gerusalemme, era stata l’ultima proposta lanciata alla Flotilla lanciata dal ministero della Difesa israeliano e trasmessa al Governo italiano perché la facesse arrivare al coordinamento della missione.
L’ultima parola però spettava agli attivisti i quali, come era evidente, non hanno accettato l’offerta israeliana: il porto scelto da Netanyahu e dai suoi sarebbe quello di Ashdod che dista dal valico più a Nord di Gaza non più di trenta minuti di macchina, avrebbe significato interfacciarsi con le autorità israeliane e quindi accettare che sarebbero stati loro ad avere il controllo su quello che accade nella Striscia.
Nonostante l’intervento di Antonio Tajani, il nostro ondivago ministro degli Esteri., la Flotilla è ripartita. Conscia dei pericoli.
Netanyahu parla all’Onu e l’aula si svuota tra i fischi
Il 26 settembre 2025 un Netanyahu furioso col mondo, preda di se stesso e della sue politiche scriteriate, se l’è presa all’Onu con tutti coloro che hanno riconosciuto lo Stato di Palestina (150 paesi, quando si dice sentirsi il popolo eletto) e, mentre la sala dove stava parlando si svuotava, ha lanciato la sua fatwa: “Vogliamo finire il lavoro a Gaza il più velocemente possibile”. Lo ha chiamato lavoro.
Fischi. Poi decine – tra le quali quella della Spagna – escono dalla sala per protesta, tra fischi e applausi. E Netanyahu si rivolge così direttamente agli ostaggi (chi scrive dubita che ce ne sia anche uno solo rimasto vivo), specifica di avere fatto piazzare altoparlanti a Gaza così che gli ostaggi possano ascoltarlo, come sei di lui anche loro non ne avessero avuto abbastanza, e lancia il suo messaggio clownesco: “Non vi abbiamo dimenticato, non riposeremo finché non vi avremo riportato a casa”. Ma questo sei impegnato a decimare un popolo come puoi pensare di far credere che tieni ai tuoi ostaggi?
Ha quindi negato che nella Striscia ci siano in corso un genocidio e una carestia e ha accusato diversi Paesi di aver ceduto ad Hamas spiegando, ci vuole sempre lo spiegone, che “Il riconoscimento dello Stato di Palestina è un marchio di vergogna”, ritenendo forse che sterminare un popolo sia invece una medaglia al valore.
E Medici Senza Frontiere decidere di sospendere le sue operazioni
Attacchi e carri armati a meno di un km dalle strutture MSF che continua ad operare nella zona centrale e al sud della Striscia, hanno costretto Medici Senza Frontiere (MSF) ong premio Nobel per la Pace 1999 a sospendere le attività mediche a Gaza City. L’incessante offensiva israeliana e il rapido deterioramento della situazione di sicurezza, tra continui attacchi aerei e l’avanzata dei carri armati vicine alle strutture sanitarie di MSF hanno portato alla decisione, visto il livello di rischio inaccettabile per il personale.
“Non abbiamo avuto altra scelta che interrompere le nostre attività, poiché le nostre cliniche sono circondate dalle forze israeliane. Questa è l’ultima cosa che avremmo voluto, poiché i bisogni a Gaza City sono enormi e le persone più vulnerabili – i neonati in terapia intensiva, i feriti gravi e i malati terminali – non possono muoversi e sono in grave pericolo” afferma Jacob Granger, coordinatore delle emergenze di MSF a Gaza, in una nota stampa inviata in redazione.
A Gaza City – continua la nota – ci sono ancora centinaia di migliaia di persone che non possono lasciare la città e non hanno altra scelta se non restare. Chi ha la possibilità di andarsene, si trova comunque davanti a una decisione insostenibile: rimanere a Gaza City nonostante le intense operazioni militari e l’intensificarsi degli ordini di evacuazione, oppure abbandonare ciò che resta delle proprie case, dei propri beni e dei ricordi personali, per spostarsi verso aree in cui le condizioni umanitarie stanno rapidamente collassando. Gli ospedali parzialmente funzionanti in tutta la Striscia sono allo stremo, a causa della grave mancanza di personale, forniture e carburante, mentre i pazienti affrontano ostacoli immensi per raggiungere le strutture sanitarie, arrivando spesso troppo tardi e in condizioni critiche.
Solo la scorsa settimana, e nonostante l’offensiva crescente, le cliniche di MSF a Gaza City hanno effettuato oltre 3.640 consultazioni e trattato 1.655 pazienti che soffrivano di malnutrizione. Tra loro pazienti con ferite gravi e ustioni, donne incinte e pazienti che necessitavano di cure mediche continue e non erano in grado di lasciare la città. Questo quadro descrive bene l’enorme portata dei bisogni medici a Gaza City in questo momento.
Sebbene MSF – chiude la nota – sia stata costretta a sospendere le sue attività a Gaza City, continuerà a supportare i servizi essenziali nelle strutture del ministero della salute, compresi gli ospedali Al Helou e Al Shifa, finché continueranno a funzionare. L’accesso e la fornitura di acqua potabile, cibo, ripari e cure mediche sono sempre più limitati. Le persone a Gaza City sono state bombardate ripetutamente e senza sosta: sono esauste e vengono deliberatamente private dei beni essenziali per sopravvivere. Nel sud della Striscia di Gaza MSF continua a fornire cure mediche. A Khan Younis, MSF supporta l’ospedale Nasser e gestisce 3 centri di assistenza sanitaria di base. Nella zona centrale, MSF supporta il pronto soccorso e la clinica per il trattamento delle ferite dell’ospedale Al-Aqsa e gestisce 2 ospedali da campo a Deir Al-Balah.
Hamas risponde a Netanyahu “Lo Stato palestinese sarà creato nonostante Netanyahu”
E’ stato Taher al-Nunu, consigliere per i media del capo dell’ufficio politico di Hamas, con una dichiarazione rilasciata all’emittente Al Arabiya/Al Hadath, a confermare che “verrà creato uno Stato palestinese basato sulla volontà palestinese, araba e internazionale, nonostante i tentativi del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di contrastarlo”. Al Nunu ha poi affermato che costringere la delegazione di Netanyahu ad applaudire durante il suo discorso all’Onu riflette la sua “megalomania” e ha chiamato “sadismo” la decisione di trasmettere il discorso di Netanyahu via altoparlanti su carri armati e veicoli militari a Gaza.
(27 settembre 2025, ultimo aggiornamento 28 settembre 2025 ore 11.11)
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