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Separazione delle carriere: il Senato dice “sì”. Ora si torna alla Camera

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Il commento più lapidario, e probabilmente anche il più articolato, è quello del PD Boccia secondo il quale il modello “è il trumpismo” e il “referendum boccerà questa svolta autoritaria”. Boccia ha anche parlato, e a ragione, di una “riforma che non ha mai conosciuto il confronto parlamentare. Mai, in tutta la storia della Repubblica, una revisione costituzionale è stata imposta con questa brutalità aritmetica, senza una vera discussione, senza ascolto, senza dialogo”.

Il capogruppo PD a Palazzo Madama ha poi dichiarato che non si tratta di una riforma costituzionale della giustizia, ma di “una riforma contro la magistratura. Non parla della durata dei processi, non affronta le carenze strutturali della macchina giudiziaria, non tutela i diritti dei cittadini. È una torsione autoritaria e illiberale della nostra Costituzione. Una riforma ideologica, che non separa semplicemente le carriere, ma tenta di separare la giustizia dal suo fondamento costituzionale” dentro una “riforma di potere, che considera la giustizia non come garanzia, ma come intralcio, dove il potere è dominio, non responsabilità. Questa riforma non rafforza l’equilibrio tra i poteri, lo spezza. Non tutela l’autonomia della funzione giurisdizionale, la piega. E lo fa con un disegno preciso: rendere la magistratura requirente un corpo separato, isolato, culturalmente subordinato. Una magistratura non più autonoma, ma addomesticata”.

Sono parole di granito. Dall’altro lato c’è l’entusiasmo adolescenziale e idolatra di Tajani che cita Berlusconi (quello morto perché con quelli vivi ha meno occasioni di entusiasmo), e poi c’è Nordio che parla di “una riforma che attendevo dal 1995”: dunque l’hanno fatta per lui? Ce lo dicano.

Poi c’è Meloni che parla di “passo importante verso un impegno che avevamo preso con gli italiani e che stiamo portando avanti con decisione”, ma dimentica di dire che non erano scesi nel dettaglio e gli Italiani sono contrari a questa riforma, lo dice la maggioranza dei sondaggi. Poi Meloni ha aggiunto che “il percorso non è ancora concluso” e di confermare “la nostra determinazione nel dare all’Italia un sistema giudiziario sempre più efficiente, equo e trasparente”. Meloni si è espressa con un post su X dimenticando, o forse omettendo per ragioni di spazio, che questa riforma ha bisogno del passaggio referendario così da zittire le urne referendarie con largo anticipo, in modo da dare l’esempio.

Trattandosi di un disegno di legge costituzionale per la sua approvazione sono necessari due passaggi alla Camera e due al Senato e se nella seconda votazione il testo non raggiunge la maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, la legge dovrà essere sottoposta a referendum popolare.

Lapidario Giuseppe Conte: “Oggi ha vinto Licio Gelli”.

 

 

 

(22 luglio 2025)

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