di Giovanna Di RosaEra la solita Meloni, mordace e pugnace ad uso poltrona, quella che fingeva indignazione e rabbia contro le mortali big tech americane brutte sporche e cattive che, grazie alla Digital Service Tax, versavano all’erario il 3% (che è enormemente più di quanto versino gli innumerevoli evasori totali), una quota definita “ridicola, vergognosa e inutile” contro i “super ricchi del web”.
Perché i super ricchi da tassare stanno sempre da un’altra parte e mai dentro il tuo elettorato.
La presidente del Consiglio che è anche un po’ vostra madre, una volta al governo, si guardò naturalmente dal mantenere anche solo una lacrima di quanto promesso, subito impegnata nella rincorsa all’Ungheria sui temi del restringimento delle libertà individuali – o dei diritti umani secondo Giorgia; non solo non incrementò l’odiato 3% alle Big Tech, ma decise che un colpetto da 3% anche alle piccole e medie imprese italiane non sarebbe stata una cattiva idea.
Il monologo era certamente ben strutturato: “L’aliquota unica al 3% sui colossi del web è ridicola, è un’idiozia, è una vergogna. Se si vogliono tassare adeguatamente i giganti di internet e combattere l’elusione fiscale, l’unica strada percorribile è quella di imporre una tassazione proporzionata al loro volume d’affari, certificato dal numero di accessi sulle loro piattaforme. Non possiamo più tollerare che mentre le imprese italiane vengono spremute come limoni [sic], le multinazionali del web continuino a lucrare indisturbate senza contribuire. Fratelli d’Italia ha formalizzato questa proposta in un articolato emendamento alla legge di bilancio”.
Finito il monologo finito lo show. E ora lei è migliore amica e pontiera di Trump. Volete si metta di traverso alle Big Tech del presidente (poi aumenterebbero le tasse anche al social personale del presidente: quel Truth che è una gigantesca lie.
(11 luglio 2025)
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