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Partecipazione e autodeterminazione essenza della Democrazia

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di Alfredo Falletti

L’Art. 48 della Costituzione, al suo primo comma recita: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”.

In poche lapidarie parole possiamo evincere, tra gli altri, due principi fondamentali: il principio del “Voto personale” e il suo esercizio quale “dovere civico”.

Basterebbe questo per non disquisire oltre, ma in un Paese la cui democrazia è malata, claudicante sotto i colpi ferali del machiavellico “principe” di turno, dilungarsi a costo di risultare prolissi (o antipatici) è doveroso.

Assistiamo a sperticate arrampicate sugli specchi di politicanti tolti da tutt’altro ambito per esser lanciati nel governo-comando del Paese – cosa ben diversa dal governo per il bene del popolo tanti per citarli a proposito – che cercano di spacciare strategie, le più varie ed eclettiche, al fine di non esser tacciati di comportamenti contrari allo spirito – se non alla legge – costituzionale. Purtroppo, nonostante riescano a non essere affatto credibili, riescono nell’intento.

Le loro pratiche possono annoverarsi sotto un’unica voce: alibi per indurre a disertare le urne. Un miserabile alibi, invero, supportato dall’errato convincimento, consapevolmente falso, che la Costituzione lo permetta.

Premesso che la Costituzione “non lo vieti” – cosa ampiamente diversa dal permetterlo – e pur ripetutamente violentata, essa si esprime chiaramente con i due principi anzi accennati: in primis il voto personale (ma voto). E quindi far campagna per disertare le urne è già da sola
una pratica ben poco ascrivibile al concetto di dignità istituzionale. In secundis, il principio più importante, troncante e fondamentale, quello del dovere civico.

Guru e sciamani che esortano a disertare le urne avrebbero l’obbligo di leggere le definizioni di “dovere” e tra i significati, tutti di analogo tenore, quelli più adeguati al concetto di “bonus civis”: obbligo di fare qualcosa (ad es. _dobbiamo essere onesti) ed in molti casi, il verbo dà alla frase un tono di comando; ma è proprio come sostantivo che il termine è più significativo perché indica l’obbligo morale di fare qualcosa oppure un obbligo dovuto alla società e/o al prossimo.

Con la caduta della dittatura fascista, con l’instaurazione della Repubblica e con la promulgazione della Costituzione si introducono i principi di consultazione popolare e di diritto di voto definito “dovere civico” oggi ridotto ormai all’oblio come testimoniato dall’amplissima astensione e dalla propaganda della politica più attenta alle logiche di potere ed alla cura del propri interessi di potere ed economici, quasi alla stregua di un perverso comitato d’affari.

Alle prime tornate elettorali la partecipazione era ben superiore al 90% degli aventi diritto mentre oggi la partecipazione è scesa intorno al 50% con punte minime ben al di sotto, cosa che non preoccupa affatto i politicanti che raggiungendo comunque il risultato desiderato “occupano” il potere in ogni modo, contribuiscono all’allontanamento della gente dalla politica disinteressandosi nei fatti dell’insoddisfazione popolare che tutto sommato si limita a sterili lamentele e ad un “nulla cosmico” in cabina elettorale come nella quotidianità avvalorando il principio di Platone secondo il quale una delle punizioni che spettano a chi non abbia partecipato alla politica sia quella di essere governati da soggetti inferiori ed incapaci e di meritare che loro siano al governo.

Dopo 2500 anni non abbiamo imparato la lezione…

Ecco perché l’astensione  o la partecipazione al voto sono la misura della civiltà di un popolo consapevole e di quanto questi sia disposto a farsi governare da chicchessia, fosse anche il proprio carnefice.

 

 

(7 giugno 2025)

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