di Giovanna Di Rosa
Quando Elly Schlein è diventata segretaria del PD grazie al fatto che non l’avevano vista arrivare – per quanto ci riguarda l’avevamo vista benissimo – e subito dopo innalzo il vessillo della purezza e del “non arretreremo di un centimetro” rispetto alla questione dei “cacicchi del PD”, non aveva avvertito che avrebbe tentato di rifondare il PD in una specie di “Forza Elly”.
L’ultima novità di Schlein è quella del suo nome sul simbolo del PD – uno scannatoio all’ultimo sangue nel pomeriggio del 21 aprile – a testimonianza che il “caciccato PD” va benissimo se il capo è lei, se i cacicchi sono altri no. E’ così che il PD così affamato di patenti di verginità è diventato uguale a tutti gli altri anche nei fatti. Una metamorfosi che non abbiamo visto arrivare.
Ci pensa Romano Prodi a metterla giù dura: “Perché dobbiamo dare il voto a una persona per farla vincere e, se vince, di sicuro non va in Europa? Sono ferite della democrazia che piano piano scavano il fosso per cui la democrazia non è più amata” e lo fa a “La Repubblica delle Idee” a Napoli, a precisa domanda sulla candidatura di Elly Schlein alle Europee. Poi Prodi ha aggiunto che quello che dice riguarda “Meloni, la Schlein, Tajani, tutti. Non è questo il modo di fare, non è questo il modo di sostenere che la democrazia è al servizio del popolo. Così il popolo non c’entra niente, si vota per uno e ci va un altro“.
Non l’hanno vista arrivare e non la vedranno andarsene, anche se il tonfo farà rumore. Ma magari non farà così male.
(21 aprile 2024)
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