di Daniele Santi
Arrivo al seggio elettorale poco prima delle undici (ne uscirò poco prima delle 12, c’è tanta gente, ed è bello) e mi metto tranquillamente in fila. L’atmosfera è distesa, serena, dell’Italia che va al voto per dare il suo contributo e non per scannarsi come fanno i suoi rappresentanti che pensano all’urlo continuo come soluzione.
Vedo passare un sacco di gente nei sessanta minuti che passo lì, nessuno è nervoso, nessuno si incazza, molti guardano le liste appese ai muri, molto dicono a voce alta di non avere ancora deciso. Poi esce la uoma che pensa di diventare più interessante di ciò che è, e si sbaglia, dice a voce alta a chi ha dato il suo voto, nessuno le fa caso, così che si mette a spiegare ad un’altra uoma della sua triste genìa che si è trattenuta più a lungo “dentro l’urna per controllare che strappassero il cedolino allegato alla scheda, perché se vogliono fare frodi non bisogna permetterglielo” dando seguito (con quella bocca che si ritrova) a ciò che forse lei farebbe se fosse scrutatrice?
Ecco l’episodio che conferma come una netta minoranza di incivili villani incolti e agitatori possano, con dieci parole, mettere a repentaglio un tranquillo momento in cui si esercita la democrazia (che significa anche sopportare le idiozie di una complottista). Poi la uoma, visto che nessuno le fa caso, muove il suo enorme culo verso l’uscita. La sua dichiarazione di voto non ha bisogno di traduzioni. E’ chiara.
(25 settembre 2022)
©gaiaitalia.com 2022 – diritti riservati, riproduzione vietata