di Giuseppe Sciarra
La notizia della morte di Alessandro, il ragazzo di tredici anni precipitato dal quarto piano della sua abitazione, lanciatosi dopo una serie di gravi episodi di bullismo nei suoi confronti ha provocato rabbia e indignazione. Fino adesso nel registro degli indagati ci sono cinque minori e un ragazzo maggiorenne, le responsabilità dei quali sono ancora da accertare. I ragazzi avrebbero insultato e minacciato l’adolescente più volte con messaggi molto pesanti, fino a scrivergli, “Ucciditi”! La procura di Torre Annunziata ha aperto un fascicolo e ipotizza che Alessandro sia morto per istigazione al suicidio perché stanco ed esasperato dalle mortificazioni dei suoi coetanei.
Ogni volta che sento storie di suicidi in cui aleggia il fantasma del bullismo è inevitabile per me fare un salto indietro nel tempo a quando io ho tentato di uccidermi all’età di 14 anni ingerendo dei farmaci perché esasperato da anni di soprusi da parte dei bulli del mio paese, Rodi Garganico; ricordo ancora l’incredulità di mia madre e la paura negli occhi di mio padre, che presagiva da anni un malessere in me ma non si sarebbe mai aspettato che potessi arrivare fino a tanto per la disperazione. Mi ero appena trasferito a Foggia ed ero molto depresso e insicuro, volevo rifarmi una vita perché non ero riuscito ad avere un’adolescenza normale come tutti dato che ero emarginato e solo. Ho pensato per anni che la colpa nel non avere amici fosse mia, invece era di un contesto che non mi accettava disprezzando il mio essere perbene, deridendo la mia gentilezza e la mia buona educazione, ero vittima di un’ambiente machista e delinquenziale dove quello che veniva chiesto ai maschietti era di fare della violenza e della forza un valore. Io non volevo aderire a questo modello, non mi apparteneva, lo detestavo – ai miei occhi cercare di sottomettere gli altri con la forza per dimostrare la propria mascolinità era un atto di vigliaccheria di cui c’era poco di cui vantarsi.
Ho provato per un breve periodo a uniformarmi a certi atteggiamenti, a imitarli, a mascolinizzarmi, ma più lo facevo e più mi sentivo ridicolo e solo. Ho ricordi vividi di quella realtà, il mondo adolescenziale può essere crudele, ferocemente violento e discriminatorio perché ci sono adulti che non sono in grado di trasmettere nessun insegnamento ai propri figli e i ragazzi vivono nella più totale anarchia abbracciando stereotipi e cliché da medioevo sull’essere maschi e femmine (rigidi modelli che mi terrorizzano perché si rifanno a luoghi comuni e poco hanno a che fare con la complessità umana). Volevo uccidermi perché a Foggia dei ragazzi mi avevano preso in giro con estrema violenza verbale per la mia voce e i miei atteggiamenti a loro dire poco virili. Che sarebbe successo se mi fossi rivolto a degli adulti dicendo che mi avevano canzonato e ferito? Un bel nulla. I bulli mi avrebbero dato della mammoletta e la situazione sarebbe peggiorata, la volta successiva avrebbero fatto anche peggio, mi avrebbero picchiato. La maggior parte delle volte i conflitti tra ragazzi passano come ragazzate che fanno parte dell’età, una visione superficiale e pericolosa di un problema tutt’altro che da sottovalutare.
Io non vedo come ragazzata il discriminare un proprio coetaneo per i suoi atteggiamenti poco virili o il colore della pelle, non vedo come ragazzata deridere e umiliare una bambina sovrappeso, non vedo come ragazzata picchiare un ragazzo o una ragazza per il semplice gusto di farlo o perché a quella età si fa e (peggio ancora) si deve fare, non vedo come ragazzata riprendere un proprio coetaneo col cellulare e deriderlo con gli altri come passatempo. Sono atti delinquenziali giustificati da una società brutale che si fonda sulla brutalità nelle relazioni sociali adulte, interpersonali e lavorative, in un contesto inquietante travestito da normalità in cui chi prevarica e umilia desta ammirazione e timore.
Una società come questa educa i minori a essere bestiali per essere qualcuno socialmente, a inserirsi negli ingranaggi giusti del tessuto sociale e umano (che è disumano!) col risultato che ci sono minorenni che sono crudeli e pericolosi per loro stessi e gli altri e nessuno interverrà finché tutto verrà ricondotto a ragazzate e cialtronerie. La morte di un tredicenne che si butta dal balcone – se è stata causata da una di queste ragazzate – è un segnale di un problema sottovalutato e negato dalla nostra civilissima società occidentale, il bullismo è un’emergenza nazionale ed i bulli vanno fermati con tutti i mezzi, attraverso la scuola, attraverso attività di prevenzione, sportelli di denuncia per i bulli e se è necessario vanno multate e sanzionate le famiglie dei bulli (e se è necessario i bulli vanno anche puniti penalmente). Per salvare vite bisogna vedere i minori per quello che sono: esseri umani perfettamente capaci di nuocere a un altro essere umano. I bulli vanno visti per quello che sono, piccoli delinquenti.
(8 settembre 2022)
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