di Vittorio Lussana
In merito alle morti del dottor Franco Trinca e dello scienziato Luc Montagnier, ci sarebbero molte cose da sottolineare. Innanzitutto, il profondo animo reazionario ammantato di buona forma, che si celava dietro a questi due cosiddetti “professionisti”. Perché è da reazionari arrivare ad affermare cose respinte non solo dall’intera comunità scientifica – che non corrisponde affatto a Big Pharma e che da questa non riceve fondi, se non in minima parte – ma testimoniate dal mondo intero.
Tali forme di fatalismo assertivo non discendono affatto dallo scetticismo filosofico di Bertrand Russell, bensì da una serie di arroccamenti preconcettuali provenienti da molto lontano. Nel caso del dottor Trinca, riguardano il sentimento medio della piccola borghesia italiana, la quale, per interi decenni, si è semplicemente nascosta tra le pieghe del clericalismo confessionalista, mimetizzandosi all’interno del grande corpaccione qualunquista della Democrazia cristiana. Per interi decenni, votare per i Partiti di destra era improponibile, in particolar modo in Italia. Ma in seguito giunse l’epoca della famosa “discesa in campo” di Silvio Berlusconi, il quale sdoganò immeritatamente un mondo fino ad allora mantenuto ai margini della società e che, improvvisamente, era emerso nella convinzione di non doversi più nascondere. Uno sdoganamento che era stato proposto persino a Bettino Craxi in persona, il quale tuttavia lo respinse sempre con nettezza.
Tra le more di questo processo di emersione del qualunquismo italiano c’era, infatti, anche quell’antica promessa di “onda lunga” che a lungo aveva cullato le speranze del leader socialista e che, al contrario, non si realizzò mai. Vi fu un momento, in particolare quello delle elezioni politiche del 1987, in cui tale disegno di riunificazione del socialismo rivoluzionario con quello riformista avrebbe potuto realizzarsi. Ma ciò non avvenne: il Pci subì una dura sconfitta, ma il Psi non avanzò di un solo passo, nonostante i molti tesseramenti di ex missini e altrettante raccomandazioni in Rai o nelle allora emergenti reti Fininvest. In pratica, i nuovi ceti rampanti degli anni ’80 del secolo scorso, scambiati erroneamente come un risvolto della modernità, nel segreto delle urne continuavano a votare a destra. E gli unici fascisti sinceramente socialisti della nostra Storia son rimasti Nicola Bombacci e lo stesso Benito Mussolini. I quali, infatti, hanno sempre detestato i fascisti.
C’è anche da dire che alcuni arruolamenti provenienti da destra sono avvenuti veramente, verso la fine degli anni ’80. Ma ciò riguardava, principalmente, un ceto sociale di colletti bianchi che, in seguito, ha rappresentato il nocciolo duro dell’ambiguità socialista, riversandosi immediatamente nel campo berlusconiano. Ma non si è mai trattato di un’ambiguità craxiana: essa proveniva da alcuni esponenti del ceto intermedio, che facevano capo a cordate ben distinte.
Il craxismo, in realtà, già nella sua fase finale stava soffrendo un annacquamento culturale che stava colpendo quasi tutti i Partiti politici italiani, illusoriamente fiaccati, nel corpo e nello spirito, da un lungo decennio di “vacche grasse”. Ma ribadiamo: fu un fenomeno che riguardò alcune male erbe del Partito socialista italiano, non Bettino Craxi e la sua famiglia, che invece è sempre stata – ed è ancora oggi – tipicamente di sinistra. Più semplicemente, per non avere rotture di scatole alla guida del Partito, Craxi riservò a sé e a pochissimi (Claudio Martelli, Ugo Intini e Giuliano Amato) la conduzione politica del Psi, mentre tutti gli altri dirigenti erano liberi di frequentare chiunque volessero e di avvantaggiarsi come meglio potevano, data la nuova funzione di ‘centralità’ che lo stesso Craxi era riuscito a guadagnarsi. In buona sostanza, i veri traditori di Bettino Craxi son sempre stati, innanzitutto, i socialisti. I quali, in larga parte, lo abbandonarono al proprio destino.
Sia come sia, tutto ciò spiega molte cose intorno alle radici della degenerazione, culturale e sociale, avvenuta in Italia e nell’intera società occidentale. Ma ci teniamo anche a ribadire che, qui da noi, tale fenomeno non riguardò solamente il vecchio Psi. Al contrario, la deriva qualunquista investì maggiormente la Dc e quel mondo di topi nel formaggio i quali hanno sempre pensato unicamente a “far passare la festa, per gabbare lo Santo”. Ci torneremo, in futuro, intorno a tali concetti, poiché sono molteplici le cose che possono venire alla luce, da un punto di vista sociologico.
Tornando, invece, a Trinca e Montagnier, possiamo limitarci a segnalare come l’ambientazione culturale qualunquista degli anni ’80 abbia fatto da sfondo anche all’emersione di questi due personaggetti. Luc Montagnier, in particolare, aveva compreso perfettamente come il paradosso massmediatico del “bambino che morde il cane” fosse un ribaltamento logico assai funzionale, al fine di acquisire notorietà e incarichi di prestigio. Una sorta di principio di autorità totalmente astratto, di cui ha abusato fino ai suoi ultimi giorni. Quello del dottor Trinca, invece, è un percorso molto più italiano, che possiamo tranquillamente collocare nel campo degli estremismi ammantanti di buona forma, che in termini filosofici si potrebbero fotografare con il classico esempio del lupo travestito da agnello.
Quel che più conta, in questa sede, è evidenziare un argomento di fondo: la manipolazione delle masse attraverso alcuni meccanismi di propaganda autoreferenziale. Si tratta di un tema fondamentale, che spiega molte cose in merito all’irriducibilismo ideologico di molti No vax di oggi. Stiamo cioè trattando alcune precise forme di fissità, che non contemplano affatto mediazioni come la discrezionalità e un utilizzo dosato di determinati assiomi. I quali, quando se ne abusa, si trasformano i meri meccanismi e, proprio in quanto tali, perdono la propria purezza, dunque la loro autenticità.
Eccolo qui il vero nocciolo della “mutazione antropologica” di cui parlava Enrico Berlinguer: una metamorfosi avvenuta in alcune generazioni di italiani e non solo. Essa si basa sul credere che la società dell’intrattenimento si fondi attorno ad alcune coordinate statiche, totalmente immutabili. Qui si finisce su frontiere per pochi ‘eletti’, ce ne rendiamo perfettamente conto: nemmeno Silvio Berlusconi può essere indicato come il vero colpevole di una simile degenerazione. Perché colpevoli lo sono più o meno tutti, non solamente chi ha tentato, riuscendoci per quasi due decenni, di fornire alla nebulosa qualunquista un nuovo ombrello riparatore.
La verità di fondo è che certi personaggi, come per l’appunto Trinca e Montagnier, danno per scontate alcune verità automatiche. Le quali, proprio in quanto automatiche, quando se ne abusa diventano inattuali. Un concetto gentiliano quest’ultimo, si stia bene attenti: non stiamo affatto proponendo il consueto moralismo di sinistra, come spesso credono certi pseudoliberali. Quel che manca totalmente è la rielaborazione di queste coordinate culturali, le quali si sono evolute assai più celermente di quanto si creda. Trinca e Montagnier sono stati fondamentalmente due soggetti superati dall’avanzamento scientifico e tecnologico. In Montagnier la cosa emerge ancor più chiaramente, poiché molte delle sue tesi erano, in realtà, delle convinzioni ritenute valide solo temporaneamente dal mondo della ricerca e che, in seguito, hanno subito dei processi di revisione e di rielaborazione che le hanno ampiamente smentite. Montagnier e Trinca si erano fermati lì. E tutto quel che è accaduto successivamente, rappresentava solamente un qualcosa che aveva preso nuove strade e altre direzioni, come per esempio quelle biotecnologiche. E gli unici a capirci qualcosa, qui da noi, sono stati Marco Pannella e i Radicali italiani.
In ogni caso, quel che intendiamo ribadire in questa sede è che certe verità automatiche, quelle statiche, fisse e immutabili, non sono affatto delle verità. Al contrario, la loro riduzione a semplice meccanismo le rende addirittura delle forzature, degli estremismi. Anche semplici affermazioni come il richiamarsi al decisionismo di Bettino Craxi, oppure a slogan storicamente famosi, tipo “fare come in Russia”, son sempre stati forieri di molti guai. Per essere come Bettino Craxi bisogna anche chiamarsi Bettino Craxi. E “fare come in Russia” significa limitarsi a mutuare un modello esogeno che non è affatto detto che funzioni, qui da noi. La verità è un macigno concettuale filosoficamente assai più profondo, che prevede una ricerca molto più complessa. Oggi, essa è rappresentata da una biotecnologia, quella dell’Rna messaggero, intorno alla quale gli scienziati si son dovuti impegnare per almeno due decenni, come confermato dal professor Alberto Mantovani, fondatore della Fondazione Humanitas per la ricerca. Si tratta di una tecnica che Montagnier considerava cancerogena, poiché faceva riferimento ad alcuni studi fallimentari che avevano lo scopo di individuare un vaccino per combattere l’Hiv. Eppure, una scoperta rivelatasi inefficace in un determinato settore di applicazione, può essere assolutamente compatibile con altri, come per esempio quelli delle patologie respiratorie e polmonari. Ed ecco come si è giunti alla rivoluzione della Pfizer/Biontech per opera di una ricercatrice ungherese, Katalin Karikò.
Insomma, le vicende di questi due stravaganti personaggi, Franco Trinca e Luc Montagnier, dimostrano come nel caso dei No vax, la comunicazione di massa vada incontro a un gigantesco paradosso che scambia il vecchio con il nuovo, che trasforma un fallimento in un successo. E anche come queste tematiche siano pressoché sconosciute dalla gran parte degli osservatori. Si tratta del paradosso del gatto di Schrodinger, uno scienziato austriaco che aveva dimostrato come la meccanica quantistica generasse la sovrapposizione di un gatto che risultava essere, contemporaneamente, sia vivo che morto. E che, per un ulteriore quanto gigantesco paradosso, ha riguardato persino le voci relative alla scomparsa o meno del professor Montagnier, confermate solamente dopo 24 ore di dubbi e indiscrezioni che si sono rincorse tra loro. Quasi per ilarità della sorte.
(11 febbraio 2022)
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