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Le dimissioni di Zingaretti e i mal di pancia del PD

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di Diego Romeo, #Politica

Che la sinistra, o meglio il PD, fosse in crisi era risaputo. Forse non si era capito che fosse così in crisi. Le crisi del PD hanno in qualche modo foraggiato la politica populista: dalla nascita del M5S – dai pidioti al matrimonio – e la sostenuta contribuzione alla crescita di partiti illiberali come la Lega e Fratelli d’Italia.

La bomba politica sganciata da Zingaretti con le sue dimissioni da segretario del PD è solo l’apice di un disagio politico molto profondo che destabilizza sempre di più gli elettori del centro sinistra. E del PD. Che sono costretti, ancora una volta, a guardare alle Sardine. Se poi guardate a Giorgia Meloni che in un’intervista ha detto che al PD non mancano i voti ma le idee, lei che le idee non sa nemmeno dove stanno, capite che la macelleria è appena aperta.

Nel PD ci sono troppe correnti interne che pensano solo al proprio tornaconto e al proprio piccolo potere, perdendo di vista quello che è il bene comune. Ci sono spifferi, finestre aperte, e porte aperte solo in uscita. Insomma una perenne tempesta interna. Lo stesso Zingaretti ha affermato che “lui in questo gioco di poltrone non vuole entrarci” e ancora “che era assediato dai suoi stessi compagni”. L’amico Luca Venneri approfondisce la questione alla quale accenno nella sua rubrica settimanale Il Venerdì Politico.

Credo che le dimissioni zingarettiane non siano state un gran gesto, ferme le difficoltà di gestione del pachiderma stanziale del Nazareno, ancora unico argine alle destre populiste, credo che sia solo una chiarissima provocazione, diretto a una profonda rifondazione del PD. Ma posso sbagliarmi.

Con un governo appena costituito e ancora così fragile io mi sarei aspettato una presa di posizione più ferma. Da dentro. Magari anche una guerra interna per ristabilire la retta via. Una serie di dichiarazioni per mettere all’angolo quelli che pensano solo a alla comodità delle loro terga e non al bene del paese. Non di certo delle dimissioni, che ritengo non verranno accettate dal consiglio.

La verità è che ormai non si sa più come gestire il malumore interno e si naviga a vista. E gli elettori del PD cominciano a non poterne più perché siamo all’ennesimo regicidio in un partito che è stato al governo per sette anni e mezzo circa, nel corso della sua storia, ma che ha sempre affondato la sua spinta riformatrice [sic] nel mare puzzolente delle sue beghe interne. Ripartano dalla gente, dalle periferie. Tornino a parlare con gli umani. Non lo lascino fare solo a Casapound. Tornino a sporcarsi le mani con i problemi delle persone, provino ad ascoltare e a trovare soluzioni per gli altri e non per loro (anche se poi magari alla fine di soluzioni a breve termine non ce ne sono). Perché la politica, e il PD più degli altri, per rispetto (almeno) della storia dalla quale proviene, dovrebbe più degli altri essere al servizio del bene comune e non delle loro poltrone.

 

(5 marzo 2021)

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