di Diego Romeo #Politica twitter@gaiaitaliacom #Elezioni2020
Questo è stato un “voto triste”. È il caso di dirlo perché da questa tornata elettorale, almeno a mio avviso, nessuno ne è uscito vincitore ma quasi tutti ne sono usciti più o meno sconfitti. Ma procediamo con ordine, provando ad analizzare partito per partito.
Sicuramente quelli che ne sono usciti peggio di tutti sono i 5 Stelle. Per citare Di Battista (redivivo) “è stata la più grande sconfitta del movimento”. Si, perché, come lui stesso ha fatto notare nelle 7 regioni in cui si è votato sono passati da percentuali che toccavano il 40% alle politiche del 2018 a percentuali a una cifra. Addirittura in Veneto il Movimento non potrà fare neanche più “opposizione”, perché non è riuscito a far eleggere neanche un candidato. Non gli è andato meglio neanche per quanto riguarda le elezioni comunali, nei quali nessuno candidato sindaco dei 5 Stelle, lì dove era presente, è riuscito anche solo ad arrivare al ballottaggio. Insomma una vera e propria catastrofe. Catastrofe prevista sicuramente da Di Maio che ha provato a distogliere l’attenzione delle folle, preferendo puntare tutto sul risultato, scontato, del referendum costituzionale. Una mossa degna di un imbonitore che in questo modo ha potuto gridare a gran voce “Vittoria”. Certo poco importa se il testo originale da cui si è sviluppata la legge che tagliava il numero dei parlamentari era di Calderoli e che tutti i partiti maggiori, dalla Lega al PD, sono stati populisticamente a favore di questo taglio. No, l’unica cosa vera è quella che si continua a ripetere fino allo sfinimento. Questa era una battaglia solo del Movimento, per altro ostacolata dagli altri partiti tradizionali. Così Di Maio ha portata a casa la più grande vittoria (presunta) del secolo, almeno per i suoi elettori che non si rendono conto neanche del danno che hanno provocato. A rendersene conto però sono i suoi compagni di partito che neanche ventiquattrore dopo hanno già richiesto la convocazione degli stati generali. Non ci rimane da dire “In bocca al lupo onorevole Di Maio”.
Il secondo grande sconfitto di questa tornata elettorale è sicuramente Salvini. A riprova che a lungo andare il populismo becero non paga. Non solo la sua Lega non è riuscita a sfondare al sud, dove ha portato a casa un magro bottino. Ma ancora peggio non ha brillato neanche in Toscana in cui avevano già dato per certo la sua vittoria. Si la sua vittoria, perché se la Lega vince, vince lui. Quando perde, perdono gli altri. Infatti ha già detto che la campagna elettorale al Sud è stata sbagliata. come se non l’avesse diretta lui. Da notare che, come è successo anche in Emilia Romagna, la candidata presidente della Lega, mossa da nobile patriottismo per il popolo toscano, ha deciso di lasciare il suo seggio in Toscana, rinunciando a fare opposizione per i suoi elettori, per tornarsene in Europa dove evidentemente si guadagna di più e si può lavorare meno come ha dimostrato il suo capo di partito. Ma in fondo la coalizione della Lega ha stravinto in ben quattro regioni. Ma allora perché Salvini ha perso? Perché in Veneto il governatore, o meglio il re Zaia si è confermato per la terza volta di seguito e la sua lista ha fatto il trio dei voti di quella di Salvini. Un chiaro segnale che mina fortemente la leadership di Matteo nazionale e che Re Zaia non ha tardato a mettere in evidenza. “Perché vinco? Perché io governo e non perdo tempo a fare comizi” (cit.). Quindi in casa Lega ben presto voleranno stracci e forse il nostro Matteone dovrà rivedere parecchie cose, perché se un vincitore c’è stato in queste elezioni è stato sicuramente Zaia.
Il PD è il PD, né più e né meno. Da anni autocondannatosi alla mediocrità del 20%, aspettando forse tempi migliori. Galleggia in questo limbo che gli permette di essere l’unico partito che si può opporre alla destra, ma allo stesso tempo di non sfondare più governando come si dovrebbe. Infatti è da parecchio ormai che non scalda più i cuori, non emoziona più con idee progressiste e rivoluzionarie di sinistra e cosa assai peggio non ascolta più la sua base. È singolare, per esempio, che, fra tutti i partiti che hanno promosso il Sì al referendum, il PD era l’unico nel quale la maggior parte dei propri elettori hanno votato per il No. Dimostrando l’evidente scollamento tra dirigenza e base. Non solo. Per evitare la sconfitta e portare a casa un risultato dignitoso, in Puglia, si è addirittura dovuto affidare alla figura controversa di Emiliano. Non apro questo capitolo perché tutti noi sappiamo chi è Emiliano e cosa significa averlo appoggiato per farlo vincere.
Su Forza Italia posso dire poco perché poco ha fatto e ancora meno ha rappresentato. Certo in Liguria è stato riconfermato Toti che almeno sulla carta è ancora di Forza Italia, ma sappiamo tutti che nella realtà ormai è molto più vicino alla Lega ed ha presentato una lista personale. E in Liguria è stata fondamentale anche l’alleanza con Fratelli d’Italia. Quindi a conti fatti, in Liguria come nel resto del paese, di Forza Italia è rimasto ben poco di Forza Italia.
Di Italia Viva mi ha stupito il suo intento suicida. Non capii all’epoca l’esigenza di Renzi di frammentare ancora di più il PD, soprattutto in un momento politico in cui lui e i suoi ministri erano ancora un peso rilevante nella maggioranza, e non ho capito oggi il motivo per cui si sono voluti presentare da soli, anzi, come è successo in Puglia anche in piena contrapposizione con il Centro Sinistra. Certo le scelte del PD sono state spesso discutibili, ma sono sicuro che se Renzi avesse voluto, una quadra l’avrebbe trovata. Invece si sono condannati al 2% e sono sicuro che se nei prossimi mesi se qualcosa non cambierà, di Italia Viva ne resterà solo un ricordo, nonostante l’incrollabile ottimismo di Renzi.
Arriviamo ora all’unico partito che si può dire veramente soddisfatto di queste elezioni, purtroppo. Non nascondo che la continua ascesa di Fratelli d’Italia mi incute molto preoccupazione. Perché se al contrario della Lega, in cui pochissimi elementi politicamente validi si potevano anche trovare (Zaia e Giorgetti solo per fare due esempi), in Fratelli d’Italia non c’è nessuno, e ribadisco nessuno, che minimamente si possa paragonare a un uomo di stato o un buon amministratore. È un partito che radica le sue idee in ideologie violente e discriminatorie portate avanti da movimenti come Casa Pound e Forza Nuova, un partito che urla violentemente verso tutto e tutti pur di farsi ascoltare. Un partito che non ha nessuna idea se non quella di dare libero sfogo ai più bassi istinti politic del suo elettorato. Eppure un partito, che a mio avviso non dovrebbe neanche esistere, è l’unico che sta sempre di più guadagnando consenso.
Proprio da qui tutti gli altri partiti dovrebbero partire e riflettere. Perché gli italiani stanno dando così fiducia a Fratelli d’Italia? A mio avviso è il manifestarsi di un malessere sociale e culturale che non ha trovato rimedi e ascolto negli altri partiti, e si è tramutato in disagio prima e violenza dopo. Per questo gli altri partiti, se veramente vogliono il bene dell’Italia, dovrebbero ripartire da qui e capire meglio cosa sta succedendo e come ascoltare di più i loro elettori. Scuola, lavoro, sanità e ambiente non posso essere trascurati come è successo fino ad ora. La persona e i suoi bisogni devo ritornare in primo piano e non secondarie alle esigenze dei partiti. O almeno questo è il mio parere.
(23 settembre 2020)
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