di Daniele Santi #Politica twitter@gaiaitaliacom #Lopinione
Narrano le cronache di un incontro televisivo tra Eugenio Scalfari e altri giornalisti dell’epoca e Palmiro Togliatti, il Migliore, in una delle tante puntate di Tribuna Politica – o forse erano una Tribuna elettorale – della televisione in bianco e nero. Sì, Scalfari era già lì e discuteva dei massimi sistemi con la spocchia che gli è rimasta, incazzandosi anche con Togliatti quando il Migliore rispondeva da ortodosso fedele alla linea senza dire se “stava “dalla parte dell’Unione Sovietica o dell’Occidente” – un domandone alla Scalfari – limitandosi a rispondere che la priorità “erano i lavoratori”, cosa che l’erede designato Zingaretti dovrebbe andarsi a rileggere.
L’episodio è raccontato con intelligenza, arguzia e cultura dal mai troppo celebrato Edmondo Berselli nel libro “Sinistrati. Storia sentimentale di una catastrofe politica” che tanto Scalfari quanto l’attuale asfittica dirigenza del PD dovrebbero rileggersi. Il libro ricorda alcune questioni italiane che erano lì già con Mussolini, una delle quali chiamata Agnelli, e che continuano a fare parte dell’inamovibile sistema capitalistico-famigliare, proprio come Scalfari che continua – suo malgrado – a far parte dell”inamovibile sistema giornalistico-familista e cerchiobottista che dà un colpo di qua e un colpo di là perché è importante apparire rivoluzionari e progressisti, ma non troppo, sennò arriva il niet ai contributi statali per l’editoria. Scalfari rappresenta l’immobilità del sistema italiano ed è l’esempio dell’Italiano che si lamenta dell’immobilità del sistema, ma non si schioda e continua imperterrito a tenere le sue posizioni servendosi del sistema. Piccandosi quando, come nel caso di Togliatti, gli tocca prenderlo in quel posto non avendo risposta ad una delle sue argute e coltissime domande. E’ vendicativo l’uomo che fondò Repubblica e l’ha svenduta agli Agnelli con tutto il cucuzzaro, basti ricordare quando il PSI e Craxi gli salvarono la pelle dalla condanna per diffamazione e qualche anno dopo se lo ritrovarono come il più acerrimo nemico.
Le cose però andarono così. Eugenio Scalfari si candidava nelle fila del PSI milanese capitanate proprio da Craxi, riuscendo a farsi eleggere. Era il 1960, con Scalfari nella loro liste i Socialisti pensavano di fare sfracelli, ma crebbero solo dello 0,6% dal 20,1 al 20,7% con gli odiati comunisti a meno di un punto. Non ci è dato sapere se la rivalità tra Scalfari e Craxi sia nata in quel periodo o dopo, quando Eugenio Scalfari l’infallibile si trovò a sedere sulle poltrone della Camera durante la V legislatura, eletto con il Partito Socialista – ancora – qualche anno prima di fondare La Repubblica…
Poteva avere ragione, direte voi. Ma noi parliamo di umana gratitudine mica di torto o ragione. Si possono fare a pezzi le idee e le azioni, ma mai demolire o cercare di demolire un uomo sul piano personale. Soprattutto se con lui abbiamo un debito.
Insomma, voi che vi lamentate – noi che ci lamentiamo – dell’immobilismo italiano dovremmo convenire di avere assai poco da stupirci e molto assai da leggere e da imparare, perché la ricca e lunga storia italiana è popolata per interi decenni dagli stessi personaggi che si rinfacciano l’un l’altro ciò che nessuno di loro ha fatto, guardandosi bene dal rendersi conto che la loro onnipresenza è il vero tappo che ostruisce la via d’uscita dell’immensa e straordinaria creatività italiana. Sono gli onnipresenti esponenti alla Scalfari che erano già lì a contestare qualcuno negli anni ’60 e sono ancora lì a scrivere pretendendo di avere ragione.
Perché il problema della politica e del giornalismo italiano è fondamentalmente uno: non si agisce e non si scrive per trovare soluzioni o per critiche costruttive, ma per avere ragione. E allora tanto valeva stare al bar. Tanto dagli anni venti del secolo scorso non è cambiato granché. Se non che oggi gli Agnelli – che negli anni venti del secolo scorso erano già lì – si sono comprati Repubblica e tutto il cucuzzaro ed anche in questa occasione Scalfari ha dimostrato di non essere capace di arginare l’avanzata delle destre che a corsivi ed editoriali ha preteso di contrastare. Che tristezza.
(5 luglio 2020)
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