di Vittorio Lussana #Giustappunto twitter@gaiaitaliacom #Politica
Vogliamo ringraziare il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il messaggio rivolto alla stampa parlamentare italiana durante l’annuale ‘Cerimonia del Ventaglio’, tenutasi nei giorni scorsi a Palazzo del Quirinale. A fronte di una classe politica ulteriormente degradata e di una società ormai in balìa dell’irrazionalità più qualunquista e volgare, il nostro attuale capo dello Stato sta svolgendo una funzione difficilissima, nel tentativo di non far perdere peso e dignità al nostro Paese agli occhi della comunità internazionale, la quale non avrebbe tutti i ‘torti’ se, a un certo punto, cominciasse a riderci dietro. Se ciò non sta accadendo, lo dobbiamo principalmente a lui: a Sergio Mattarella. Il suo intervento di questi giorni ha rappresentato una sana ‘boccata d’ossigeno’ rispetto a un provincialismo affamato unicamente di visibilità e di propagandismo, alla faccia di quell’interesse nazionale che, a parole, si dice di voler difendere o rappresentare. Un momento di saggezza, in un Paese in cui è in atto una dissoluzione che non è soltanto fisica, ma soprattutto morale. Cercare di svolgere un mestiere come quello di fare informazione, in un’Italia avvitatasi nuovamente in una delle sue più profonde crisi d’identità, è sempre più difficile in presenza di un intero ceto politico che mente sapendo di mentire, che assume atteggiamenti di censura nei confronti della nostra categoria, al fine di impedire che i lettori prendano piena coscienza della verità dei fatti. Se fossimo in una guerra civile, nemmeno ci si porrebbe il problema di spararci addosso: lo si farebbe e basta, senza nemmeno un ordine o un’autorizzazione dall’alto, come spregevolmente invocato dai Kappler e dagli Eichmann nel corso dei loro rispettivi processi per crimini contro l’umanità. Ma dato che in una democrazia occidentale ciò non si può più fare, allora l’arma da utilizzare diviene quella di screditare singoli colleghi o l’intera corporazione, a cominciare, ovviamente, dal proprio Ordine professionale. Oppure, ci s’inventa le categoria dell’establishment o quella della ‘casta’, proprio perché, con l’avvento delle nuove tecnologie, in realtà la stampa libera potrebbe finalmente riuscire a esserlo veramente, a prescindere dalle difficoltà economiche degli editori o dai mercati editoriali. La nostra categoria si sta via via avviando verso una più giusta indipendenza professionale, ma non si creda che ciò stia accadendo grazie ai mutamenti politici in atto. E’ vero esattamente il contrario: uno dei mutamenti che la classe politica italiana in generale sta cercando cretinamente di contenere è proprio quello di avere una stampa non asservita, in un momento in cui il potere stesso della politica viene sostituito da quello economico. In pratica, sta dando fastidio che questa professione stia tornando a riflettere sulla propria funzione a favore “dei governati e non dei governanti”, come ha specificato con grande lucidità lo stesso Sergio Mattarella. Inoltre, noi giornalisti stiamo cominciando a dare fastidio anche socialmente a intere categorie di cittadini, nel nostro tentativo di distinguere tra informazione e pubblicità, tra qualità effettiva e mera autoreferenzialità. Si arriva persino a contestare professionisti con alle spalle interi decenni di esperienza, al fine di cercare un pretesto per screditarli, anziché fare, eventualmente, un bilancio tra pregi e difetti, tra il lavoro svolto e quegli errori che, umanamente, possono capitare a tutti. Ma quel che proprio non si comprende è che l’esistenza stessa di una nostra deontologia sia il chiaro segnale di una professione reale, che esiste veramente e che non si può certamente ridurre a ‘hobby’, come invece cercando di fare in molti, al fine di degradare la dignità di chi vuol raccontare la verità ai cittadini, al di là di ogni strumentalizzazione speculativa. Ma un Paese in cui l’arte vuol giustificare se stessa, anziché comunicare contenuti realmente utili alla comunità, è solamente vittima di se stesso e della propria deriva narcisista. Una forma di edonismo da psicolabili, dettato da un piacere di piacersi basato su vuoti atteggiamenti formali. E’ vero: la forma è sostanza. Ma se la forma rimane un mero involucro privo di contenuti, essa non dimostra nient’altro come questo Paese stia ormai precipitando all’interno di una spirale degenerativa intrapresa da tempo. Non siamo affatto di fronte a una lunga transizione a seguito della caduta delle grandi ideologie: stiamo altresì cercando, masochisticamente, di distruggere anche quel poco che si era cercato di costruire con merito, lavoro e spirito di sacrificio. Una dissoluzione che, come al solito, verrà pagata soprattutto da coloro che non capiscono le regole di questa professione, poiché resi inconsapevoli da una retorica e da una mistificazione tesa ad avvantaggiare, come al solito, pochissime persone. A danno di tutti gli altri.
(26 luglio 2019)
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